Todi, anima pellegrina ai bordi del cielo
L’itinerario sostenibile di oggi ci porta a Todi, anima pellegrina ai bordi del cielo
Que farai, fra’ Iacovone?
Sei un pellegrino che conosce Todi e le sue stelle rinchiuso in galera perché hai voluto sposare Madonna Povertà come il tuo sommo maestro San Francesco. Ora torni nella tua città, Todi, che ancora ti fa battere il cuore. Molto è cambiato, da allora, sono passati tanti secoli, eppure, la riconosci. Ne senti l’odore, il respiro. Ti piace osservarla dal basso, e salire piano, per scorgere le mura, gli archi e l’oro del mattino che si riflette sul Tempio di Santa Maria della Consolazione. So cosa stai pensando, tanti viaggiatori si sono seduti sul suo prato e si sono messi a sognare, tanti giovani hanno lasciato i loro migliori ricordi davanti a questa chiesa.
Qui, soprattutto, anche se sei scomparso da oltre duecento anni puoi cominciare a cercare tua moglie, travolta dal crollo del pavimento di casa. Vanna ti ha lasciato all’improvviso e ti ha fatto impazzire di dolore, ti ha fatto diventare il giullare che sei, il mistico bizzocco, incapace di fare del male.
Fermati per un attimo, osserva e ascolta la storia di questa splendida Chiesa, maestosa ed eterna. Bramante ne è l’autore, ma anche Baldassarre Peruzzi ed Antonio da Sangallo il Giovane contribuirono nei decenni alla sua costruzione. La chiesa ha una pianta a croce greca con sopra una grande cupola. Agli angoli del Tempio quattro aquile sembrano spiccare il volo, ma non possono perché i due aquilotti sotto di loro potrebbero fuggire. L’aquila è la città di Todi mentre gli aquilotti sono le città sottomesse di Terni ed Amelia… ma non l’odiata Orvieto!
All’interno, caro frate, puoi sentire l’eco dei tuoi passi. Sì, i tuoi passi lasciano un’orma fatta di suono e cenere. Sei scalzo e ti metti in ginocchio davanti all’altare maggiore con al centro l’affresco quattrocentesco di Santa Maria della Consolazione in cui Santa Caterina d’Alessandria riceve da Gesù l’anello. Quella statua in legno che scorgi rappresenta Papa Martino I, niente a che vedere con il tuo odiato Bonifacio VIII.
Alzi gli occhi al cielo e ti perdi perché la cupola centrale sembra non avere fine (è alta 72 metri, ben 16 in più della Torre di Pisa!). Il tuo sguardo si perde nel buio, le tue orme, fatte di erba e polvere, screpolate di sangue, hanno raggiunto la sommità della cupola; vuoi lasciare un ricordo, un’eco, forse Vanna ti potrebbe raggiungere.
Ma sei soltanto all’inizio del viaggio e ti sembra di essere arrivato alla fine del mondo. Il mondo questa notte finisce. Devi muoverti, uscire. Dopo un breve cammino in salita raggiungi la Rocca.
Ti fermi per un attimo, senti il tuo cuore confondersi: sei un mistico o un uomo innamorato? In fondo, un mistico è un uomo innamorato. Ti guardi intorno, senti il tuo amore perduto avvicinarsi, sospiri; intorno a te scorgi le antiche mura, i giardini, le panchine, l’aria profuma di primavera, qui la vita si distende e arresta il suo vagare, cerca un centro, un luogo dove fermarsi per ricominciare. La Rocca ti costringe a sospirare, e a scendere verso la Chiesa di San Fortunato declamando i tuoi antichi versi: Amor, diletto amore, perché m’ai lassato, Amore?
Sei pedante quando abbandoni i toni del mistico e ci informi che questa chiesa, originariamente, era paleocristiana e probabilmente fu completata su strutture etrusche o romane, come dimostrano i due leoni siti all’ingresso ed i due capitelli trasformati in acquasantiera.
Nel 1088 la chiesa era stata già consacrata a San Fortunato. Ti fermi e scruti la sua facciata, tanto strana deve sembrarti perché la parte inferiore segue lo stile gotico, mentre la parte superiore è rimasta in stile romanico.
Questi stili hanno caratteri così diversi – pensi – che sembrano quasi muoversi tra di loro, scontrarsi, il gotico si vuole spingere fino a Dio, e per farlo la sua materia si screpola fino ad allungarsi e toccare il cielo, il romanico è anch’esso attributo divino, ha i bordi umili e lievi, uno stile dimesso e quasi timido.
Ti sembra che questa facciata rispecchi la tua anima inquieta, irosa e tepida. Improvvisamente ti volti, prendi a scendere la scalinata e senti come se il vento ti spingesse. Hai visto un volto conosciuto e lo vuoi inseguire, i piedi ti fanno male, sanguinano perché hanno calpestato i bordi del cielo, arrivi in Piazza del Popolo e un’emozione ti prende: tanta bellezza
rischia di ucciderti. Intorno vedi il Palazzo dei Priori, del Capitano ed il Palazzo del Popolo. Ecco poi la Cattedrale, tanti crolli ha subito dall’anno della sua nascita, appena dopo il mille, tante morti ha superato la materia: il tetto fu rifatto nel XIII secolo e la facciata e il campanile sono del XVI secolo. Uno dei tre rosoni è addirittura del 1523.
Sfiori con la mano il portone d’ingresso settecentesco e ne senti la compostezza, il livore, la dura scorza della fede. Un fremito ti prende, questa volta ci sei, lo senti:
Oi me dolente
Credi davvero sia giunta la fine del mondo, eppure corri incontro al tuo amore che ti sta aspettando: Vanna è proprio di fronte a te, in mezzo alla Piazza, ti sorride: tante morti deve superare l’uomo prima di poter raggiungere la vita.
Tu ora sei con Vanna, e non ci credi: è la fine del mondo? No, dice tua moglie, finché esisteranno città come Todi piene di cotanta bellezza il mondo non merita la fine del mondo.