
Le sfide da affrontare sulla qualità delle acque
Le acque di fiumi e laghi continuano ad essere inquinate nonostante l’attenzione crescente per la qualità dell’acqua in Unione Europea. La valutazione della Commissione UE non lascia spazio a dubbi: solo una frazione dei corpi idrici superficiali, sulla base degli ultimi dati raccolti circa il 39,5 %, sembra essere in “buone” condizioni ecologiche.
La direttiva quadro sulle acque (2000/60/CE) prevede che entro il 2027 tutti i 27 paesi UE dovrebbero raggiungere l’obiettivo qualitativo sul 100% delle acque superficiali, ma la maggior parte degli Stati membri ha dichiarato di non aspettarsi di riuscire a centrare il traguardo: questo quanto emerge dalla relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo pubblicata il 4 febbraio 2025.
I dati riferiti all’Italia, mostrano che la percentuale di corpi idrici superficiali in buono stato ecologico o potenziale è aumentata, ma solo di poco (passando da una percentuale del 41,7% riferita al 2015 ad una percentuale del 43,6% con riferimento al 2021), e permangono delle sfide.
Per invertire le tendenze negative, la Commissione suggerisce, in generale, delle priorità. Di seguito se ne riportano sinteticamente alcune tra le più significative.
- Migliorare il rispetto delle normative riducendo l’inquinamento da nutrienti e gestendo correttamente gli scarichi di acque reflue.
In particolare, all’Italia si raccomanda di proseguire gli sforzi per affrontare le sfide persistenti legate all’inquinamento da nutrienti e sostanze chimiche, tra cui i pesticidi, proveniente da fonti agricole, urbane e industriali, anche colmando le lacune nell’attuazione delle direttive sul trattamento delle acque reflue urbane e sui nitrati. Inoltre, l’Italia dovrebbe affrontare il problema degli scarichi di acque reflue provenienti da abitazioni sparse e da piccoli insediamenti non collegati e migliorare la gestione delle acque reflue su tutto il suo territorio. - Incrementare i finanziamenti per garantire un’efficace gestione delle acque e il conseguimento degli obiettivi di qualità.
Su questo fronte, all’Italia si raccomanda di rafforzare l’analisi della domanda e dell’offerta idrica e sviluppare piani di investimento a lungo termine, garantendo finanziamenti adeguati ad attuare efficacemente le misure pianificate. L’Italia dovrebbe inoltre fornire sistematicamente maggiori informazioni sulle modalità di definizione delle tariffe idriche e analizzare meglio se queste forniscono incentivi sufficienti per un uso più efficiente dell’acqua. - Promuovere il riutilizzo dell’acqua e l’efficienza idrica per ridurre lo sfruttamento eccessivo degli acquiferi.
- Misure più incisive contro l’inquinamento da sostanze chimiche.
NUOVE SFIDE PER IL TRATTAMENTO DELLE ACQUE REFLUE URBANE
La nuova direttiva 2024/3019/UE, di revisione della storica Direttiva Acque 91/271/CEE, pubblicata il 12.12.2024 ed entrata in vigore dal 1° gennaio 2025 – eccezione fatta per gli articoli 12 e 13 e gli allegati II e IV, che si applicano a decorrere dal 1° agosto 2027 – spinge sugli obblighi di trattamento avanzato, incrementa il numero di inquinanti da monitorare e promuove il riutilizzo delle acque reflue urbane.
Interviene con una stretta anche sulle regole per il monitoraggio di vari parametri riguardanti inquinanti chimici (comprese le sostanze per—e polifluoroalchiliche, o “Pfas“), microplastiche, agenti patogeni (come virus e batteri). Previsto anche l’obbligo degli Stati membri di promuovere il riutilizzo delle acque reflue trattate, in particolare nelle zone soggette a stress idrico.
Gli Stati membri hanno tempo fino al 31 luglio 2027 per adottare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla Direttiva, ma l’auspicio è che si attivino al più presto.
A PROPOSITO DI PLASTICA E MICROPLASTICHE
Lo sapevate che negli oceani esistono delle isole di plastica?
Queste isole sono formate da rifiuti, ma soprattutto da miliardi di frammenti microscopici di plastica, che si disperdono dalla superficie sino al fondo del mare. Questi frammenti vanno a mescolarsi e confondersi con il plancton: le particelle elementari da cui si rigenera la vita negli oceani; la base, quindi, di tutta la catena alimentare.
La più grande isola di plastica al mondo è il Great Pacific Garbage Patch, che è stata ufficialmente scoperta nel 1997 da un velista americano, anche se l’esistenza era già stata ipotizzata fin dagli anni ’80. Le sue dimensioni equivalgono a 1,6 milioni di km2, pari a un’area grande più di 5 volte l’Italia.
Cosa possiamo fare per ridurre il fenomeno?
Per prima cosa riciclare: possiamo scegliere di riutilizzare i flaconi del bagnoschiuma e dei saponi liquidi, bottiglie e buste, evitando di diffondere questo materiale altamente dannoso e dando a questi oggetti una seconda vita. In secondo luogo possiamo privilegiare nei nostri acquisti le aziende che scelgono di ridurre l’uso degli imballaggi in plastica per i propri prodotti, sostituendoli con plastica già riciclata o materiali riciclabili come carta e cartone.
di Gabriella Galeazzi