Turismo sostenibile: alla scoperta dell’Umbria. Deruta, il paese dell’arte
L’itinerario sostenibile di oggi ci porta a Deruta, il paese devoto all’arte
Un frate cappuccino cammina per un sentiero battuto dagli zoccoli degli animali, tra le colline e il Fiume, costeggiando una vecchia arteria romana. A un tratto nota tra i sassi e l’erba alcuni resti d’una tazza, è una piccola tazza, dal fondo basso, con una foglia per manico. Sul fondo interno della tazza scorge una piccola immagine della Madonna col Bambino. Ne rimane affascinato perché è un’immagine insolita, non convenzionale: il Bambino è in grembo alla Madre, non seduto, ma genuflesso sul ginocchio sinistro, quasi insofferente di non potersi muovere, perché ha sentito una voce che chiede aiuto: qualcuno sta invocando soccorso da lui e lui solo può udire il suo lamento. La sua mano destra sostiene una sfera, il mondo: lì vivono gli uomini per i quali è venuto, i suoi fratelli. Alla Madre, che sembra osservarlo stupita, egli indica con la mano sinistra l’oggetto e la ragione della sua urgenza: il mondo ha bisogno di lui, perché quel mondo è suo, soltanto lui può salvarlo, perché lui l’ha creato, perché lui l’ha redento, perché solo da lui può giungere il perdono. E con il perdono la speranza. Il devoto fraticello non vuole che la piccola tazza con la sacra immagine resti in terra, esposta al rischio d’essere calpestata e magari frantumata dagli zoccoli degli animali e dalle ruote dei carri. La depone delicatamente su una giovane querciola. Una sistemazione precaria che non può durare. Difatti la tazza cade ancora e forse anche più volte, finché un giorno un merciaro di Casalina, di nome Christofono, non la fissa solidamente alla quercia. Poi si mette a pregare perché sua moglie sta male, è in fin di vita. Prega per tutto il giorno, il vento non lo scuote, non vede i carri passare; il giorno langue: è il crepuscolo. Tornato a casa, trova la moglie perfettamente guarita e intenta a pulire la casa.
La notizia del miracolo si diffuse in un baleno. Incominciò subito il pellegrinaggio alla Quercia del Bagno e una piccolissima cappella fu costruita in pochissimo tempo a racchiudere la Quercia e l’Immagine, tanto che l’autorità ecclesiastica si trovò costretta a interdire l’accesso alla medesima. Contemporaneamente partì il processo che doveva stabilire se la nuova devozione poteva essere permessa o se si dovesse interdire il pellegrinaggio popolare. Poco dopo il culto alla Madonna della quercia fu approvato, sotto il titolo di Madonna del Bagno. Subito riprese il pellegrinaggio alla quercia e, a cappella non ancora terminata, una grande festa con la partecipazione di fedeli da tutta la valle antistante e oltre, segnò l’inizio ufficiale del culto. La cappellina si dimostrò subito insufficiente e nel 1687 era già pronta una chiesetta più grande, corrispondente, nella pianta, a quella esistente ancora oggi e che tutti conoscono come Santuario della Madonna dei Bagni a Casalina.
Proseguendo nell’itinerario si arriva in un paese immerso nell’arte: Deruta. Il piccolo borgo umbro guarda dall’alto la Media Valle del Tevere. Qui edifici, chiese, piazze e strade hanno secoli di storia. Deruta è, soprattutto, città della ceramica: le produzioni antiche e moderne spesso raggiungono le vette dell’alto artigianato artistico.
Non a caso qui ha sede un museo regionale dedicato alla ceramica, il più antico museo italiano che interessa questo settore. Il nucleo originario, infatti, risale al 1898. Dentro si trova una collezione di grande interesse artistico e storico, oltre 6000 pezzi raccolti nel corso di più di un secolo, e un contenitore d’eccezione: il complesso del convento trecentesco di San Francesco, restaurato con sapienza. I manufatti, rari e preziosi, raccontano, seguendo un filo conduttore ben preciso, la storia della maiolica di Deruta, dalla produzione arcaica a quella del Novecento, peraltro assai pregiata, che ricalca forme classiche e innovative al tempo stesso, grazie anche alla mano di artisti di fama internazionale. Nel museo è possibile ammirare la ricostruzione di un’antica spezieria, collezioni private passate al museo, pavimenti in maiolica, targhe votive. I depositi del museo sono custoditi in una moderna torre metallica di quattro piani, accessibile ai visitatori interessati a visitarla e agli studiosi, che qui trovano spazio per il loro lavoro. Il museo è, inoltre, dotato di una biblioteca di oltre 1.500 libri sul tema della ceramica. Nella sezione archeologica è custodita un’importante selezione di vasellame d’epoca antica, si spazia dalla ceramica greca, all’italiota fino all’etrusca e alla romana.
Ma è Deruta stessa ad essere un museo a cielo aperto, con i suoi laboratori e le botteghe, i resti di antiche fornaci – anche del Cinquecento – con manufatti posti sulle facciate degli edifici e sulla piccola stazione ferroviaria nella pianura sottostante – l’opera dell’artista Romano Ranieri accoglie all’ingresso del borgo chi viene da Todi -.
La ceramica i cittadini di questo borgo ce l’hanno nel sangue, molti di loro hanno lavorato o lavorano come ceramisti, con un forte sentimento d’appartenenza alla loro categoria, che diventa evidente e manifesto ogni anno il 25 novembre, giorno della ricorrenza di Santa Caterina d’Alessandria, in cui si tiene la Festa dei ceramisti, con esposizioni di maioliche, eventi culturali aperti al pubblico, e la premiazione in chiesa dei ceramisti più anziani del paese.
Deruta va visitata anche al di là della ceramica, sia nel capoluogo che nel territorio. Al centro storico del capoluogo si può entrare da porta Sant’Angelo, ai cui lati si notano i resti delle mura di cinta. In pieno centro, piazza dei Consoli è il cuore cittadino, con la sua fontana Ottocentesca e alcuni tra i più importanti edifici civili e religiosi della cittadina. Tra questi, il palazzo dei Consoli, che ospita il municipio, edificio trecentesco rimaneggiato nel Settecento, che ancora mantiene intatte le bifore ogivali, l’antica porta e la torre. Nell’atrio del palazzo sono custoditi reperti archeologici di varie epoche. Nell’edificio ha sede, inoltre, la pinacoteca comunale. L’elenco delle opere custodite è molto lungo: tra queste un affresco del Perugino (Eterno e Santi Romano e Rocco), due opere di Niccolò di Liberatore (Madonna dei Consoli e Gonfalone di Sant’Antonio Abate) e un messale francescano in pergamena, duecentesco.
Tornando verso Marsciano, il viaggio continua lungo il percorso panoramico fatto di lunghe colline macchiate d’un verde antico e vivo che conduce al borgo di origine medievale di Collazzone, dove di particolare interesse storico-artistico è il convento di San Lorenzo, in cui morì Iacopone da Todi.