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Monte Peglia

Turismo sostenibile: alla scoperta dell’Umbria nel Monte Peglia

L’itinerario sostenibile di oggi ci porta nel cuore del Monte Peglia 

A Civitella dei Conti c’è un castello che si impone per la sua bellezza. Le mura sono piene di storia e gonfie di vento, il sole splende sul torrione e il crepuscolo invade le stanze e le carceri sotterranee. Dalle carceri si sentono ancora i lamenti e i passi perduti delle anime che ci hanno abitato. La chiesa sostiene l’antica fortezza e le dona una metafisica speranza. Queste mura, ricche di fede, hanno superato aspre lotte tra le fazioni dei Monaldeschi di Orvieto, durante il secolo quattordicesimo. Ancora oggi, percorrendone il perimetro, si può respirare un’aria piena di ricordi.
Chissà quanti sguardi si saranno posati sull’orizzonte… Chissà quali sogni o desideri avrà visto questo cielo, chissà quali tempeste…

Soffermarsi a contemplare il panorama che si scorge da Civitella dei Conti è cosa naturale: da questa altezza si può ammirare la valle, livida, vellicata dalla rugiada del mattino o dal soffio dell’imbrunire. Nelle notti d’estate si scopre la volta celeste e barbagli di stelle danzano e si arrampicano sul cielo o cadono, fino a sfumare nell’infinito.

Lasciato il castello, si prosegue per S. Venanzo. Il percorso ci dona un sole screpolato che sibila tra gli alberi fitti e la vegetazione insidiosa e devota alla terra che riempie le colline ai due lati della strada; dappertutto pulsa e vive la roccia (la venanzite, unica al mondo) di origine vulcanica. I fitti e lunghi alberi, il terreno muschioso e d’un verde vivo, intenso, donano quel soffio sul quale si adagia la vita:

Solo un soffio è ogni uomo che vive,
come ombra è l’uomo che passa;
solo un soffio che si agita…
Salmo 39

E in questo soffio si adagia la vita, si agita, respira e si perde: chiunque voglia abbandonarsi alla sua contemplazione può girare per queste colline e credere, in modo forse ingenuo, romantico, ma onestamente e perdutamente, che la bellezza salverà il mondo.

Il viaggio è un lungo abbandono fatto di pause e visioni, solo così ci si può immergere nel rumore della natura: rumore che graffia il cielo e si insinua nel cuore fino a raggiungere Villa Faina, e il Parco e il Museo Vulcanologico. Anche gli etruschi sono passati da queste parti e hanno sentito il canto delle cicale, lo stesso vento perdersi tra gli alberi, hanno visto il gufo maestoso vincere la gravità e alzarsi in volo: è tra le rovine, nella polvere, sotto la terra, tra le radici, che pulsa ancora la vita.

Il respiro di un ruscello coglie di sorpresa il viaggiatore che lascia il paese: la gente del luogo vi parlerà della sua nascita miracolosa, vi narrerà degli zoccoli del cavallo di San Venanzio, che tanti secoli prima, passando per quel sentiero fatto di terra dura e polvere, avevano lasciato una traccia. Da quelle orme nacque l’acqua che scelse di non essere mai se stessa, di non fermarsi mai, ma di scorrere – sempre diversa e uguale – per un sentiero, sul quale crescere. Così ancora oggi si può seguire la traccia del cammino di San Venanzio grazie a questo fiumiciattolo che scorre limpido tra rocce levigate e piccole cascate.

Ad Ospedaletto, nella Chiesa di San Lorenzo, Mikail Ivanov, il “Giotto dei Balcani”, ha affrescato, con furia michelangiolesca, 500 metri quadri di pareti con tecnica ad umido – una delle tecniche pittoriche più antiche; utilizzata da Giotto per la decorazione dell’interno della Basilica superiore di Assisi – . Con le sue dimensioni l’opera di Ivanov rientra di diritto tra i cicli pittorici più grandi dell’Umbria ed è una furia di colori, un vortice di storie e vita.

Al Monte Peglia il viaggiatore può fermarsi a riposare un attimo: sentirà allora il crepitio dei passi di altri viaggiatori che scelgono sentieri, che li percorrono a piedi o in bici, si sorprenderà per il canto incessante delle cicale, vedrà da ogni parte alberi che sostengono il cielo, secoli perduti nel loro fusto e un vagare di foglie.

Nel parco ci si può perdere e pensare di vivere in un’altra epoca, nel passato oppure nel futuro. Già, il futuro qui sarà sempre così splendidamente incontaminato e selvaggio: un futuro antico, passato.
In questo percorso fatto di vento e rovine, di voli e silenzi, si trova anche il colore e la passione. E, arrivati alla fine del viaggio, è bello ritrovare i sapori della terra e il calore del vino in un’osteria, perché il viaggiatore ha bisogno anche di perdersi nel profondo del suo cuore, di fermarsi un attimo prima di continuare a cercare. In fondo, viaggiare significa partire piuttosto che arrivare.

Biografia

Daniele Zepparelli. Nato il 2 giugno 1978 a Marsciano (PG). Laureato in Lingue e Letterature Straniere e in Scienze della Formazione Primaria. Maestro di scuola primaria. Socio fondatore di Techne, azienda che si occupa di energie rinnovabili. Ideatore e organizzatore dell’Umbria Green Festival, evento che si svolge ogni anno tra Terni e Narni. Pubblicazioni: Il triste valzer di Mefistofele. Saggio. Secondo al concorso letterario nazionale Premio Città di Castello.

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