Giotto e la natura degli affreschi ad Assisi
Un nome imponente, quello di Giotto, che affascina, ma con ancora tante domande irrisolte, soprattutto ad Assisi, dove egli ha sicuramente lasciato le sue opere e il suo stile ai posteri, ma è tuttora difficoltoso per gli studiosi individuare con esattezza tutte le tracce del suo passaggio. Giotto è una firma autorevole nel panorama della pittura medievale e sembra difficile poter mettere a confronto la sua mano con quella di altri artisti altrettanto autorevoli del suo tempo. Egli si presenta ai nostri occhi come un genio indiscusso, che ha lasciato la sua impronta inconfondibile in varie parti d’Italia, ma ad Assisi, nella Basilica di San Francesco, il suo lavoro acquista un valore maggiore.
Il luogo che lo ospita e dove è stato convocato dall’ordine francescano è un importante centro spirituale per l’intera cristianità. Vi si respira ancora l’anima di San Francesco, poiché è il suo luogo di sepoltura, è dove tutto il ricordo di questo Santo si concentra in pietre semplici e solide, come semplici e solide furono la sua fede e quella dei suoi seguaci. Attorno alla cripta hanno camminato fratelli e sorelle di tutto il mondo, perché in quel luogo si sente la potenza del messaggio di Francesco, una voce chiara e forte, che attraversa lo spazio e il tempo. In questo luogo così emozionante si trovò a lavorare Giotto ancora giovane, forse ancora inesperto, al seguito dei suoi maestri.
Dapprima è un semplice collaboratore, ma poi viene chiamato a raccontare la vita del Santo e sicuramente non sarà stato facile per lui affrontare una narrazione tanto importante, con il Papa e i frati che premevano per quello che sarebbe dovuto diventare uno dei più importanti luoghi di culto della cristianità.
La vita di San Francesco è raccontata lungo la navata della Basilica Superiore, nella fascia inferiore della narrazione,
dopo la storia degli albori, disposta nella fascia superiore con la rappresentazione del Vecchio e del Nuovo Testamento. Si parte dalla giovinezza del Santo, quando ancora la sua indole lo portava a farsi distinguere tra gli altri per ricchezza e magnanimità. Giotto elabora con il suo pennello quello che poi diventerà un modello artistico da seguire per tutto il Trecento e il Quattrocento.
La mano di questo artista si caratterizza per l’attenzione al dettaglio e per la compostezza delle figure, ma riesce anche a comunicare gli stati emotivi dei personaggi, non solo con la caratterizzazione dei volti, ma anche con l’espressività dei corpi, la gestualità, l’ondulazione dei panneggi.
Con Giotto qui la pittura ha voce, al pari di un sermone, di un’omelia. Il messaggio francescano è espresso chiaramente nelle scene della vita di San Francesco, nel ripetersi delle tuniche, nelle scene corali, ma anche dove c’è solitudine, silenzio e preghiera. In tutto questo dialogo, che chiunque riesce a percepire entrando nella Basilica Superiore, parlano i colori, i gesti e le linee, ma parla anche la natura.
Il racconto della vita di San Francesco dipinto da Giotto e dalla sua bottega è pieno della natura e dei paesaggi di Assisi e delle località dove il Poverello ha predicato. Giotto percepisce quanto la natura sia stata una parte fondamentale nella vita del Santo e la rende in parete con forza ed efficacia, trasmettendo in immagine ciò che ispirava San Francesco: la forza del Creato che muove tutte le creature. Lo si vede nella scena in cui il Santo dona il mantello ad un cavaliere povero, dove la pietra del monte si presenta spoglia, ma è comunque allietata in qualche punto dal verde delle chiome degli alberi; lo si vede nel miracolo della sorgente fatta scaturire da un monte arido e nella famosa scena della predica agli uccelli, in cui troviamo una vegetazione molto stilizzata, ma anche degli uccellini fortemente caratterizzati.
Il naturalismo in quest’ultima scena è lievemente percepibile, poiché l’affresco è consumato proprio nella parte dello stormo degli uccelli, forse dipinti a secco e per questo con alcune perdite di colore, ma le ali e il piumaggio sono perfettamente realizzati e la disposizione dei loro corpi e i loro sguardi assorti rivolti verso Francesco rendono molto bene la spiritualità del momento. Sono tutti per il Santo, lo stanno ascoltando e stanno apprendendo il suo messaggio di pace ecumenica. Dovranno essere suoi portavoce nel mondo per raccontare la parola del Vangelo.
Questi pennuti così caratterizzati non possono non ricondurre il pensiero a quelli della domus di Assisi, dove nel viridarium furono dipinti uccellini di tantissime specie locali. Forse Giotto, o la sua bottega, presero come riferimento proprio quel tipo di decorazione parietale. Ai tempi di Giotto quella casa era ancora sepolta dalla soprastante Chiesa di Santa Maria Maggiore, ma forse qualcuno aveva raccontato l’esistenza di questi meravigliosi giardini dipinti e sicuramente la maestria della pittura romana era ancora vivida e ben presente negli studi dei pittori del Medioevo.
La natura come elemento parlante, come mezzo di comunicazione potente non solo nella preghiera, ma anche nella pittura. Forti di questo messaggio gli uomini del Medioevo hanno fatto parlare gli affreschi per comunicare ai fedeli che,
nella preghiera, la natura può avvicinare lo spirito all’eternità.
Un messaggio importante questo, che va ricordato: la natura, espressione del Creato, conduce alla ricchezza dello spirito. Tornare alla natura è sicuramente quello che ci chiede il pensiero francescano ed è quello che dobbiamo fare, per tornare alla bellezza della vita.