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Amitav Ghosh. La grande cecità. Un altro mondo è possibile. O forse è impensabile?

Un altro mondo è possibile. O forse è impensabile?
Sembra poggiare su questa dicotomia l’essenza del saggio La grande cecità di Amitav Ghosh, un libro uscito nel 2016 e pubblicato l’anno successivo in Italia da Neri Pozza, che merita già di essere considerato un classico in virtù della sua incontestabile capacità di essere attuale al di là del tempo e dello spazio e per la sua particolare aderenza a un tema universale come il cambiamento climatico. L’emergenza scaturita dal controverso rapporto tra l’uomo e la Terra non è solo di natura economica, sociale o tecnologica ma è prima di tutto culturale: lo dimostra lo scotto pagato dalla letteratura in termini di interpretazione e racconto della realtà.

Cosa ha generato il lungo silenzio del romanzo e dell’arte di fronte all’imminente catastrofe ecologica? «Forse le correnti del surriscaldamento globale sono troppo impetuose per poterle navigare con i consueti vascelli della narrazione?», si chiede non senza una punta di ironia Ghosh nella prima parte del libro, quella appunto dedicata alle Storie.

Le storie che dovrebbero confrontarsi con questo annoso tema, poche narrate e si spera finalmente tante da narrare, risentono, secondo l’autore della trilogia della “Ibis”, dell’etnocentrismo occidentale (vedi alla voce imperialismo-capitalismo) e del conseguente predominio del romanzo borghese bianco.

Questo pervasivo abito mentale è visibile anche nell’intreccio tra storie e Storia che innerva la seconda parte del saggio, in cui lo scrittore indiano mescola in maniera sapiente critica ambientale ed elucubrazioni filosofiche sugli elementi naturali, elementi autobiografici (trasformazione delle Sundarban: prime avvisaglie di una coscienza ecologista) e riflessioni politico-culturali (dove sono gli intellettuali?).

La responsabilità di non saper controllare e poi narrare il surriscaldamento globale e i suoi nefasti effetti non è perciò ascrivibile alla sola classe politica, rea di pensare al particolare e al carpe diem elettorale, ma è da condividere con un’arte e una letteratura incapaci, salvo rare e felici eccezioni, di immaginare le conseguenze delle trasformazioni ambientali.

Un esercizio, quello di percepire e tramandare, tanto più urgente proprio in reazione ad un presente ineluttabile, condito da buone intenzioni, poche azioni e dall’errata convinzione che la Natura possa essere conquistata e dominata.

Anche da qui nasce “l’impensabile” del sottotitolo.

L’auspicio finale, contenuto nel capitolo “Politica”, è di trovare una generazione che sappia guardare al futuro con maggior lungimiranza: seppure con qualche anno di ritardo rispetto alle predizioni di Ghosh, Greta Thunberg e i Fridays For Future possono assolvere questo storico, seppur gravoso, compito.

Biografia

Vincenzo Barometro (Napoli, 1982). Legge, scrive e lavora, talvolta contemporaneamente. Vanta una discreta attività di ghostwriting (tv, web, stampa, comunicazione politica) e dal 2018 cura il blog Letteratume sulla piattaforma Medium.

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