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Lex-Spoletina

La lex luci spoletina: un antico esempio di tutela e rispetto dell’ambiente

Questo articolo è stato scritto da Silvia Casciarri, funzionario Archeologo MiC, direttore Museo archeologico nazionale di Spoleto e direttore Area archeologica di Carsulae. Casciarri è alla direzione Regionale Musei Umbria c/o Museo archeologico nazionale dell’Umbria.

 

Tra le sale del Museo archeologico nazionale e del teatro romano di Spoleto sono conservati due importanti cippi noti come Lex spoletina o Lex luci spoletina, documenti epigrafici considerati tra le più importanti ed antiche testimonianze riguardanti la protezione di boschi sacri nel mondo antico.

I due cippi riportano il testo, in latino arcaico, di una legge che doveva proteggere dei boschi sacri “luci”, incisa su una pietra calcarea rosata di provenienza locale e datata nella seconda metà del III sec. a.C.

Entrambi gli esemplari furono ritrovati dall’archeologo spoletino Giuseppe Sordini: il primo, rinvenuto nel 1876, era stato inserito tra le mura di una piccola chiesa in località San Quirico di Castel Ritaldi a circa 13 km da Spoleto e riportava questo testo:
“HONCE LOUCUM – NEQU(I)S VIOLATOD – NEQUE EXVEHITO NEQUE – EXFERTO QUOD LOUCI – SIET NEQUE CEDITO – NESEI QUO DIE RES DE/INA – ANUA FIET EOD DIE – QUOD REI DINAI CAUSA – FIAT SINE DOLO CEDIRE – LICETOD SEIQUIS – VIOLASID IOVE BOVID – PIACLUM DATOD – SEIQUIS SCIES – VIOLASIT DOLO MALO – IOVEI BOVID PIACLUM- DATOD ET A(SSES) CCC – MULTAI SUNTOD – EIUS PIACLI – MOLTAIQUE DICATOR – EXACTIO ESTOD”.

(Questo bosco sacro nessuno profani, né alcuno asporti su carro o a braccia ciò che al bosco sacro appartenga, ne lo tagli, se non nel giorno in cui sarà fatto il sacrificio annuo; in quel giorno sia lecito tagliarlo senza commettere azione illegale in quanto lo si faccia per il sacrificio. Se qualcuno [contro queste disposizioni] lo profanerà, faccia espiazione offrendo un bue a Giove; se lo farà consapevole di commettere azione illegale, faccia espiazione offrendo un bue a Giove ed inoltre paghi 300 assi di multa. Il compito di far rispettare l’obbligo tanto dell’espiazione quanto della multa sia svolto dal dicator).

Il secondo cippo, ritrovato nel 1913, era murato nella facciata della chiesa di Santo Stefano in Picciche, vicino Trevi; il testo è molto simile al precedente, con cui condivide caratteri e probabilmente datazione. Purtroppo non sappiamo la collocazione originaria di questi due importanti reperti, queste leggi incise su pietra erano probabilmente collocate a custodia di boschi sacri a Giove nel territorio spoletino, particolarmente numerosi a giudicare anche dalla toponomastica attuale che ne conserva il ricordo (Monteluco, Madonna di Lugo, San Silvestro, San Silvano, San Quirico).

Nel mondo romano il “lucus” era un bosco con carattere sacro, dimora di divinità che qui si manifestava con segni e prodigi, luogo tutelato e particolarmente importante per la collettività; leggi apposite dovevano impedirne la manomissione e la profanazione e venivano incise su cippi per renderle di pubblica conoscenza.

Perché sono così importanti questi due reperti? Le due iscrizioni hanno permesso di studiare il latino arcaico in ambito umbro, il testo rappresenta un’importante testimonianza per lo studio di fonti del diritto romano ma soprattutto ci racconta di quanto, in un periodo così antico, fosse importante rispettare e tutelare l’ambiente: tramite leggi scritte veniva sancito cosa era vietato fare, quando veniva ammesso il taglio del bosco (solo in occasione delle cerimonie religiose annuali una
volta all’anno, nel giorno sacro a Giove), quali fossero i sacrifici pacificatori o le ammende in caso di trasgressione e chi era preposto al controllo e alla riscossione della multa stabilita.

Evidentemente era fondamentale per la collettività la capacità di salvaguardare aree dal disboscamento e mantenere l’equilibro idrogeologico del territorio, in rapporto con il progetto generale di pianificazione e suddivisione territoriale tipico della fondazione di colonie romane (la colonia di diritto latino di Spoletium fu appunto dedotta nel 241 a.C.).

Questi testi rappresentano una fondamentale testimonianza di norme vincolanti, regolamenti su protezione e tutela concernenti un bosco sacro e contengono tutt’ora dei concetti incredibilmente attuali.

Curiosità: una riproduzione dei cippi fu collocata su di un piedistallo all’interno del bosco sacro di Monteluco nell’agosto del 1937 in memoria di Arnaldo Mussolini con effetti indubbiamente suggestivi, ma anche un può fuorvianti in quanto lontani dal luogo di ritrovamento degli originali.
Biografia

Il Museo archeologico nazionale e Teatro romano di Spoleto è un eccellente esempio di dialogo tra il “contenuto” e il “contenitore”. Se il complesso dove è ospitato è un documento del percorso sociale, politico e funzionale della città, le sue collezioni sono la testimonianza del processo di formazione del centro urbano e della sua interazione con il territorio.

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