All’alba di Cop26: la transizione ecologica e gli obiettivi di decarbonizzazione
Le ultime settimane hanno visto l’intervento massiccio di giovani provenienti da tutte le capitali europee manifestare in nome di un futuro migliore. Lo sciopero Globale del Clima del 24 settembre indetto da Fridays for Future ha riacceso i riflettori sulle azioni concrete e imminenti per contrastare la crisi climatica così come Youth4Climate, la conferenza dei giovani sul clima organizzata a patire dal 28 settembre al Centro Congressi Mico di Milano dal governo italiano che ha introdotto Pre-Cop2026 (la riunione dei ministri dell’Ambiente prima della Cop2026 – Conferenza Onu che si terrà a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre).
All’alba di Cop26: Urgenza e necessità. E’ ora di agire
Quest’anno si terrà il 26eismo vertice annuale, di qui il nome COP26 (Conference of the Parties – Climate Change Conference). COP26 sarà presieduta dal Regno Unito che la ospiterà a Glasgow. In vista della COP26 il Regno Unito sta lavorando con ciascun Paese per raggiungere un accordo su come affrontare i cambiamenti climatici. I leader mondiali attesi in Scozia saranno più di 190. Ad essi si uniranno decine di migliaia di negoziatori, rappresentanti di governo, imprese e cittadini per dodici giorni di negoziati.
Cop26 sarà un vertice internazionale straordinario per il carattere di urgenza che caratterizzerà la sua agenda.
La COP21 si tenne a Parigi nel 2015. In quell’occasione tutti i Paesi accettarono di collaborare per limitare l’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2 gradi, puntando a limitarlo a 1,5 gradi. Inoltre i Paesi s’impegnarono ad adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici e a mobilitare i fondi necessari per raggiungere questi obiettivi.
Nasceva l’Accordo di Parigi. L’impegno di puntare a limitare l’aumento delle temperature a 1,5 gradi è importante perché ogni decimale di grado di riscaldamento causerà la perdita di molte altre vite umane e altri danni ai nostri mezzi di sussistenza.
Nel quadro dell’Accordo di Parigi, ciascun Paese si è impegnato a creare un piano nazionale indicante la misura della riduzione delle proprie emissioni, detto Nationally Determined Contribution (NDC) o “contributo determinato a livello nazionale”. Quel piano verrà presentato durante Cop26.
Cosa dobbiamo fare per rispettare l’Accordo di Parigi?
«Dovremmo lasciare sottoterra il 90% del carbone, il 60% del petrolio e il 60% del gas che già sappiamo di avere. Dobbiamo decarbonizzare tutto il sistema energetico, e decarbonizzare non significa fare a meno del carbone, ma annullare le emissioni di anidride carbonica e degli altri gas serra, rinunciando alla combustione di risorse fossili. Dobbiamo allora rifare le nostre case, ripensare a quanto e come ci muoviamo, ridefinire i processi industriali, la quantità e qualità dei loro prodotti oltre che i cicli di produzione agricola e alimentare».
L’importanza della decarbonizzazione riguarda tutti i settori e rappresenta «una via realistica per il cambiamento climatico Le emissioni globali sono aumentate di due terzi nei tre decenni dall’inizio dei colloqui internazionali sul clima. Per effettuare le riduzioni richieste, è necessario un nuovo approccio che crei incentivi per i principali paesi e industrie per innescare rivoluzioni tecnologiche trasformative. La necessità di un progetto di tale portata per disabituare le nostre economie dalle emissioni di carbonio non è mai stata più urgente».
Le posizioni dell’Italia: Il presidente Draghi sulla decarbonizzazione
«Vogliamo rispettare gli obiettivi di decarbonizzazione che ci siamo posti per il 2030-2050. Perché la riconversione del nostro sistema economico abbia successo è necessario l’impegno di tutti. Dobbiamo portare avanti un’agenda climatica ambiziosa e fare in modo che le nostre scelte siano accettate e condivise in maniera ampia dalla popolazione. E dimostrare che la transizione ecologica non comporta necessariamente una distruzione di posti di lavoro ma semmai un ampliamento dell’occupazione».
E ha aggiunto:
«Ci sono alcuni dati che cominciano a venire fuori in Paesi che hanno affrontato più rapidamente alcuni passi della transizione e dal punto di vista dell’occupazione per il momento sono incoraggianti. Questo è un punto da tenere presente nella velocità di attuazione di questa agenda climatica».