Tra il grano e il cielo
Editoriale di Giugno.
Con questo editoriale iniziamo a svelare i temi, i relatori e gli spettacoli del prossimo Umbria Green Festival che si svolgerà dal 27 agosto al 19 settembre e toccherà 7 città dell’Umbria: Narni, Terni, Perugia, Assisi, Spoleto, Avigliano Umbro, Deruta.
Il 10 settembre, al Teatro Romano di Spoleto, Marco Goldin – uno dei massimi esperti al mondo dell’opera di Van Gogh – ci racconterà, accompagnato dalla musica di Remo Anzovino (autore della colonna sonora del documentario sulla vita di Vincent Van Gogh Tra il grano e il cielo), il rapporto intenso, suggestivo e struggente di Van Gogh per la Natura.
Attraverso le lettere che Vincent scriveva a Theo rivivremo la vita dell’artista olandese e la musica accompagnerà i suoi dipinti che appariranno sullo schermo come per magia.
L’ingresso all’evento è gratuito. La prenotazione obbligatoria. Seguiteci sulla nostra pagina fb per sapere quando daremo il via alle prenotazioni.
L’infinito e il miracoloso ci sono necessari – scrive Van Gogh al fratello Theo – ed è giusto che l’uomo non si accontenti di qualcosa di meno e che non sia felice finché non li ha conquistati. Questo è il credo espresso nell’opera di tutti gli uomini buoni, di tutti coloro che hanno scavato più a fondo, e cercato di più e amato di più degli altri – che hanno scandagliato il fondo del mare della vita.
Dobbiamo gettarci nel profondo se vogliamo pescare qualcosa. È sottoterra che pulsa la vita Van Gogh si sporca nella terra, scava con i minatori, tesse con i tessitori, zappa con i contadini alla ricerca dell’infinito e del miracoloso. Attraversa le strade d’oro al tramonto, osserva le allodole tra i campi neri con il grano giovane e verde, l’uomo che getta il seme nel terreno, il sole che entra dalle finestre, le barche dei pescatori, la marea e la brezza morente.
Bisogna aprire la terra, come fanno i minatori, e scavare con le mani, occorre costruire la strada attraverso cui passa la luce che fa gridare al miracolo.
Perché nel luogo dove la luce finalmente manda il suo flebile messaggio, in fondo all’oscurità, appare la traccia di Dio, del Dio silenzioso che provoca la domanda dell’uomo. Van Gogh è consapevole che solo nell’intima dimensione di debolezza – usando le parole di Quinzio – di finitezza, di limite, di sofferenza, solo in una dimensione biblica, può comprendere l’esistenza di Dio: perché la fede in Gesù Cristo è l’affermazione della croce di Dio (…). Il Dio che sceglie la debolezza,
ciò che non è nei confronti di ciò che è, è un Dio (…) lacerato (…): e questa originaria lacerazione in Dio, che solo alla fine conquisterà il trono della sua potenza e della sua gloria, è il mistero.
Il mistero della Natura.
La ricerca di Van Gogh dura 10 anni: in questo tempo realizza quasi 2000 opere e scrive 1000 lettere.
Questa natura incontaminata (e misteriosa) è esattamente quello che cerca Vincent (…) Essere nuovamente il primo uomo sulla terra, calpestarla prima che altri la possano percorrere (…) tornare a un punto delle luci e delle maree, delle muffe e delle ceneri, dei venti e del sole scrive Marco Goldin – storico dell’arte, direttore della mostra Van Gogh. I colori della vita. – nel suo Van Gogh. L’autobiografia mai scritta.
Ma per Vincent la natura è dappertutto, anche dentro la sua camera da letto:
La sua camera, tutte le sue camere – scrive ancora Goldin – sono state l’oblò aperto sull’infinito, che ha rilanciato le notti stellate a precipizio, certe lune di maggio, il silenzio freddo di gennaio, il crepitare dei passi sulle foglie di novembre, l’oro del grano di luglio.
Vincent per la camera da letto sceglie la tecnica del divisionismo alla Seurat perché vuole dimostrare che in natura la coesione dello spazio è illusoria: da un punto di vista etico, infatti, la cosiddetta armonia della natura è solo una finzione, mentre socialmente il disadattato non potrà trovare alcuna possibilità di inserimento in quella forma simbolica di rapporto obbligato con il prossimo che è lo spazio ambientale (Bonicatti).
Per la mostra I colori della vita, Goldin è riuscito a portare, probabilmente, l’ultima opera dipinta da Van Gogh: un campo di grano.
È stato allora che ho compreso l’ossessione di Vincent per la natura, la sua estenuante ricerca di un barbaglio d’infinito, il suo vivere come un cane randagio, il suo bisogno di vagare per le strade polverose cercando un riflesso, un colore, un disco di luce al tramonto, un campo di grano imbevuto di vento.
Ti dico, – scrive ancora al fratello Theo – ho scelto con piena coscienza la vita del cane, resterò un cane, sarò povero, sarò pittore, voglio restare un essere umano.