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Umbria Green Magazine

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Natura, paesaggi, immagini in Colette, Marguerite Duras e Annie Ernaux

L’edizione di Umbria Green Festival 2021 è iniziata da tre settimane e Sara Durantini, giovane e prolifica scrittrice, ha accettato di tenere un panel sul significato della “Natura” nel mondo letterario di tre grandi scrittrici del’900 francese Colette, Duras e Ernaux (mercoledì 8 settembre presso la Biblioteca comunale di Terni alle ore 18.00). Personaggi questi di gran fascino da lei presentati nel libro L’evento della scrittura, sull’autobiografia femminile in Colette, Marguerite Duras, Annie Ernaux, 13 Lab Editore. La libertà di esprimere con estrema naturalezza ciò che si vuole, ciò che si è stati e ciò che si è, è la chiave di lettura del libro di Sara Durantini, libro che ha suscitato interesse e curiosità.

 

Sara, hai il merito di aver ridestato in molti l’interesse sulle opere di tre meravigliose scrittrici francesi oggi soffocate dai numerosi e spesso superficiali romanzi di tanti autori contemporanei, cosa ti ha spinto a penetrare il loro mondo e analizzare il loro nuovo modo di scrivere, voce della loro interiorità?

Ho intrapreso questa ricerca letteraria alcuni anni fa senza capire, inizialmente, la strada che stavo percorrendo. Mi sono avvicinata a loro come lettrice, dapprima curiosa e poi appassionata. Dalla lettura dei loro libri, capitati nella mia vita in momenti particolari, ho nutrito il desiderio di andare a fondo, di guardare gli abissi di queste tre donne. Il desiderio non si è spento dopo poco tempo ma al contrario si è alimentato nel tempo. E con il desiderio è arrivato il bisogno, quasi una necessità di dare voce alla loro interiorità, come giustamente hai sottolineato. In questo percorso, ho dato voce anche alla mia di interiorità e la scrittura ha fatto da ponte, un ponte per un sentire comune. Si nasce più volte, da madri putative e simboliche. A dirlo è Nadia Fusini e per me la stesura di questo secondo libro, forse ancor più del primo, ha rappresentato una (ri)nascita. Sono ritornata a me stessa.

 

Come nei dipinti più celebri, anche nei romanzi di queste tre scrittrici appare nello svolgimento delle storie uno sfondo naturalistico mutevole e sfumato secondo gli eventi, come i paesaggi e le immagini naturalistiche influiscono nei loro scritti?

I paesaggi e le immagini naturalistiche rivestono un ruolo fondamentale e a tratti specifico nelle tre autrici da me raccontate in questo libro. Pensiamo al giardino di Colette o, per meglio dire, al giardino di Sido: rifugio della madre dalla vita domestica, luogo in parte inaccessibile a Colette e che, proprio per questo, susciterà una fascinazione particolare tanto da desiderarlo quasi alla stregua di un oggetto sessuale (in questo senso la madre diventa parte di questa stessa fascinazione). L’immaginario di Colette prende corpo e voce dalle sanguigne rose del giardino di Sido. Colette non farà altro che rimestare nei ricordi della sua infanzia. Ricordi che fanno parte del mondo vegetale. Flora e fauna. Come i dialoghi di animali (Cane e gatto di Donzelli di alcuni anni fa, oggi forse difficilmente ritrovabile) un libro che fungerà da spartiacque con la Colette-Lolita di Willy (un distacco di cui parlerà nel libro Il mio noviziato). Questo cambiamento implica una compenetrazione totale con il suo essere e con tutto ciò che Willy aveva, invece, tentato di annullare e appiattire. Ecco che il rapporto con la Colette bambina, nel giardino di Sido, con i fiori, con la vegetazione che circonda la sua casa, tutto questo farà parte della sua persona, del suo essere donna. Ma è in ciò che sottrae alla sua penna che sta il genio femminile della scrittura di Colette: si diventa un grande scrittore sia per quello che si concede alla propria penna sia per quello che le si sottrae (sono parole della stessa Colette). La natura in Marguerite Duras è erotismo, carnalità ma è anche passaggio verso un altrove;. Sin dall’infanzia la natura sarà la cornice delle fotografie della sua vita, quelle che racconterà nei suoi libri, le tracce del suo passaggio. Nell’Indocina francese, quella porzione di territorio coloniale da lei abitato nei primi anni della sua vita con la madre e i due fratelli delineato dal fiume Rosso a nord e dal delta del Mekong a sud, saranno proprio le acque del Mekong il simbolo del passaggio dall’infanzia all’età adulta: è il traghetto che, attraversando il fiume, accompagnerà Duras tra le braccia dell’amante cinese. La storia, raccontata nel libro L’amante verrà poi riscritta, anni dopo, cesellando la parola e giocando con la memoria, il suono e l’immagine. Il fiume scorre portandosi appresso l’esistenza di Marguerite Duras, istanti di vita inesorabilmente legati alle immagini mnemoniche e ai ricordi (mi sovviene Eraclito, scendiamo e non scendiamo nello stesso fiume, noi stessi siamo e non siamo). I giunchi lungo le sponde, la foresta, la vastità della pianura, e di nuovo l’acqua che travolge, allaga, divora la concessione e riduce in povertà la famiglia di Duras… la natura, delimitata dalle acque del fiume rosso e del Mekong, come un grembo materno, attira e respinge. Nella sua immensità e profondità si può affogare e da lì Duras non è più risalta. L’acqua, come elemento naturale, ritorna in altri scritti di Duras: Agatha, per citarne uno di cui tratto nel mio libro. E poi il mare che farà da scenografia alla trasposizione cinematografica di Agatha.
La natura in Annie Ernaux corre sui binari della storia. A differenza di Colette e Marguerite Duras, dove il contatto con la natura diventa, talvolta, panico, in Annie Ernaux troviamo l’elemento naturale inserito in un contesto sempre più urbano. In questo contesto si misura il rapporto dell’uomo con l’ambiente circostante: se è vero, come scrive Ernaux, che tutte le immagini scompariranno è pur vero che qualcosa può essere salvato. Una fotografia, impressa nella memoria e restituita attraverso la scrittura. Si può trattare di ricordi visivi, olfattivi o tattili. Immagini: Venezia bagnata da una luce abbacinante, il verde di Villa Borghese durante un suo soggiorno romano, la strada di paese percorsa tutta d’un fiato per raggiungere il bar drogheria dei genitori, le foglie raggrinzite lungo i boulevard a fare da sfondo alla scoperta di Simone de Beauvoir… Quella rappresentata da Annie Ernaux, nel suo corpus letterario, è una natura sociologica e ontologica, una natura a tratti incontrollata, attraversata dal tempo e che, pertanto, muta nel tempo. E con essa chi la vive.

 

Può la natura, espressa con il loro tipico “alfabeto”, essere lo specchio della interiorità, della solitudine e del dolore che sempre accompagna la loro voce? Cioè la natura è solo uno sfondo passivo o interagisce con la narrazione?

Certo, la natura intesa come ho appena spiegato è il riflesso della loro interiorità. Oltre a parlare di interazione tra le scrittrici-protagoniste e la natura (o ambiente esterno, nel senso più ampio del termine) direi che siamo di fronte a una vera e propria compenetrazione emotiva, psicologica ed esistenziale in cui l’ambiente e la natura, per il ruolo che svolgono, assurgono a struttura entro la quale si delineano i loro punti cardinali. Ho provato, nel tempo, ad orientarmi tra le tracce disseminate nei loro libri a partire da quelle affinità elettive che ho provato fin dalle prime letture.

 

Potrebbero le tre scrittrici del primo novecento francese essere interessate ai problemi ecologici che affliggono la società contemporanea tanto quanto lo sono state sulle problematiche del mondo femminile?

Vorrei rispondere con le loro parole. Colette affermava che è necessario «inebriarsi della natura, di tutto quello che ti circonda». A queste parole aggiungerei la sua visione della scrittura che trova corrispondenza nel mondo vegetale: «le parole (…) segni che vagano nell’aria (…) si degnano di scendere, si assortiscono, si fissano. Sembra così che si formi un piccolo miracolo che io chiamo fiore». Marguerite Duras diceva che «l’uomo è fatto per distruggere, annienterà sempre ogni proposta atta a migliorare il suo destino. L’uomo ama il suo destino per ciò che è: gli si presenta, e lo annienta. Questa è la sua grandezza, questo è l’intollerabile del mondo». Per Ernaux è sufficiente sapere che vive a Cergy, nell’Île-de-France. Il suo giardino affaccia sull’Oise, e lei quando non scrive e non legge contempla la natura.

 

 

Natura, paesaggi, immagini in Colette, Marguerite Duras e Annie Ernaux. Incontro con Sara Durantini, autrice del libro L’evento della scrittura. 13lab Editore. Modera Simonetta Neri.
Evento gratuito con prenotazione obbligatoria ai numeri: 345 0186620 – 075 8749298
Biografia

Simonetta Neri è traduttrice, scrittrice e docente di lingua inglese. Si dedica ad un ampio lavoro di traduzione e alla critica di personaggi (collaborando con diverse case editrici tra cui Sellerio e Rizzoli), con particolare attenzione alle scrittrici di viaggio, alla letteratura di viaggio inglese e americana dell’800 e del primo ‘900. Profonda conoscitrice e appassionata delle tradizioni della storia della sua terra, l’Umbria, è autrice di numerose pubblicazioni e guide letterarie di questi luoghi. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo in collaborazione con A. Brilli Le viaggiatrici del Grand Tour. Storie, amori, avventure (Il Mulino, 2020), Valnerina. Itinerari tra natura, storia e mito. Invito al viaggio (Minerva Edizioni Bologna, 2018), con A. Brilli Sulle tracce di San Francesco (Il Mulino, 2016), con A. Brilli Alla ricerca degli eremi francescani fra Toscana, Umbria e Lazio (Le Balze, 2006), con A. Brilli e G. Tomassini Il fragore delle acque. La cascata delle Marmore e la valle di Terni nell’immaginario occidentale (24ore Cultura, 2002), Terni. Guida della città e dei dintorni (Edimond, 1999).

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