Follow us on social

Umbria Green Magazine

  /  Arte e Cultura   /  Quando fu che il cielo cambiò colore: il disastro di Seveso interpretato da Ilaria Falini

Quando fu che il cielo cambiò colore: il disastro di Seveso interpretato da Ilaria Falini

Sognavo di osservare la terra da lontano / vedevo i prati, la luna, la risacca / e come ogni marea scalasse terra dall’acqua.
Sono versi di Antonella Anedda. Nello struggimento dell’osservazione, gli occhi di Anedda diventano i nostri occhi. Insieme a lei guardiamo un punto lontano al quale attribuiamo i nostri stessi pensieri che forse non coincidono con quelli della poetessa ma attingono dallo stesso smarrimento. Come si traduce questa lingua della memoria? Ho ritrovato la stessa ricerca poetica nel lavoro di Ilaria Falini. Dalle sue parole risalgo al corpo, materico involucro da cui si snodano racconti che hanno per protagonisti non eroi ma uomini comuni.
E’ con questo spirito che ho rivolto alcune domande a Falini che, nella fulgida luce di un fascinoso quanto debordante agosto, mi ha risposto restituendomi uno spaccato di quello che sarà il suo spettacolo per la sesta edizione di Umbria Green Festival: Quando fu che il cielo cambiò colore (M.A.N.U di Perugia – 5 settembre ore 21.00 testo di Fulvio Pepe).

 

Dopo Kate Finn il meno per il più. Storia di una ortoressica, ritorni sul palco di Umbria Green Festival con lo spettacolo, scritto da Fulvio Pepe e accompagnato musicalmente da Caterina Laura, Quando fu che il cielo cambiò colore: il disastro di Seveso raccontato in chiave metaforica giocando sui concetti di trasformazione e collettività. Come nasce questo tipo di racconto e quale necessità ti ha spinto a concentrare la tua attenzione su questo disastro ambientale?

Dopo Kate Finn il direttore artistico del Green Festival, Daniele Zepparelli, mi propose di collaborare ancora con un nuovo spettacolo prettamente legato al tema dell’ambiente. Ne parlai con Fulvio Pepe e a lui venne l’idea di creare un ciclo di “incontri”, una piccola antologia teatrale, dedicata ad alcune figure speciali di uomini che con le loro azioni hanno contribuito in modo sostanziale alla salvaguardia e tutela dell’ambiente, dei veri e propri eroi a cui il nostro paese deve molto: ce ne sono moltissimi, Antonio Cederna per esempio o Laura Conti di cui parliamo nel nostro racconto… Abbiamo deciso di partire con gli eroi di Seveso perché quella è stata la più grande tragedia ambientale europea dopo il disastro di Chernobyl, perché è una storia che ci riguarda e di cui è necessario conservare la memoria. Durante l’elaborazione e scrittura del testo ci siamo accorti che avevamo bisogno, proprio per esigenze narrative, di una musica, o meglio uno specifico autore musicale che mi accompagnasse nella storia e per questo ho coinvolto la violinista Caterina Laura che è in scena con me.

 

Il disastro di Seveso ha coinvolto anche i molti abitanti di quella zona e dei luoghi limitrofi. Nonostante l’aborto in Italia, all’epoca dei fatti, fosse vietato, l’allora presidente del consiglio Andreotti, in accordo con il ministro della sanità e della giustizia, diedero autorizzazione a procedure di aborti terapeutici in quanto la dispersione della nube di diossina TCDD avrebbe potuto alterare il normale sviluppo fetale. Fatti che divisero la politica italiana e l’opinione pubblica di quel periodo. Da donna, oltre che da artista, qual è la tua opinione quando ti sei documentata su questi accadimenti?

All’epoca dei fatti la diossina era una sostanza che si conosceva pochissimo, non si sapeva del tutto quali e quanto gravi potessero essere i suoi effetti, molti dei quali, tra l’altro, non manifestabili nell’immediato. Credo che la decisione di autorizzare aborti preventivi sia stata presa alla luce di studi attenti e consapevoli e sebbene nel mio spettacolo non ci concentriamo su questo aspetto della tragedia, da donna posso dire che un provvedimento del genere mi avrebbe fatta sentire tutelata e libera di scegliere.

 

Questo tragico evento è quanto mai attuale soprattutto alla luce dei recenti fatti di incidenti e morti sul lavoro. Un documento recente e dettagliato pubblicato su La Stampa mostra una mappa interattiva che segna, suddividendo per regione e provincia, i decessi avvenuti sul lavoro. Ogni punto rosso rappresenta una vittima, una storia. Anche nel caso del disastro di Seveso ci sono nomi e storie, volti che oggi non sono più gli stessi o sono scomparsi. Cosa significa, umanamente e professionalmente, misurarsi con una storia di questo tipo?

E’ proprio questo il motore del nostro spettacolo ovvero focalizzare l’attenzione sugli uomini e le donne che hanno preso parte alla tragedia da diverse posizioni, alcuni dei quali ne hanno modificato il corso e di conseguenza hanno impresso un segno indelebile nella storia del nostro paese. Non si tratta di supereroi ma di persone normalissime alcune delle quali che magari si sono trovate lì per caso, altre invece che hanno speso una vita in nome di un ideale o della propria etica professionale. Non amo la narrazione a fini solo politici o sociali o tantomeno didattici, preferisco portare in scena
sempre dei personaggi con storie quotidiane e concrete che diventano esempi nella loro normalità, questo, tra l’altro, mi dà la sensazione magica di non essere sola in scena anche se lo spettacolo è un monologo.

 

Come descriveresti il tuo lavoro e la sinergia professionale che si è creata negli anni con Fulvio Pepe?

Io e Fulvio lavoriamo insieme da molti anni, siamo stati entrambi attori negli stessi spettacoli, più volte lui mi ha diretto in veste di regista, altre volte ha anche scritto i testi che ho portato in scena. E’ un artista che stimo in ogni sua veste e posso dire che mi fido del suo gusto e del suo modo si dirigermi. So bene quali ruoli mi affiderebbe e quali invece non mi assegnerebbe mai..

 

Quando fu che il cielo cambiò colore si svolgerà presso la sala degli Umbri e degli Etruschi all’interno delle mura del Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria di Perugia, un luogo dove le parole trasformazione e collettività si muovono sui binari del tempo.

Di certo non posso che sentirmi onorata di essere ospite di questa struttura e quindi in qualche modo partecipare attivamente a quell’antico e continuo processo collettivo di evoluzione, trasformazione e crescita.

 

A cosa stai lavorando in questo momento e quali sono i tuoi progetti futuri?

Come è noto con la pandemia il settore dello spettacolo dal vivo ha subito un terribile arresto e tutt’oggi molto di ciò che si stava progettando non è ripartito né purtroppo ripartirà. E’ una situazione in divenire in cui non si può ancora pensare di fare programmi a lungo termine, nonostante questo ho recentemente lavorato in uno spettacolo diretto da Leonardo Lidi e prodotto dal Teatro Stabile dell’Umbria che ha debuttato con successo al Festival dei Due Mondi di Spoleto e che riprenderemo il prossimo autunno. Nel frattempo sto anche cominciando a pensare a quale potrebbe essere la prossima storia di eroi dell’ambiente da portare sul palco del Green Festival.

Biografia

Sara Durantini (San Martino dall’Argine – Mantova, 1984) consegue la laurea magistrale in lettere moderne presso l’Università degli studi di Parma nel 2009. Vincitrice dell’edizione 2005-2006 del Premio Tondelli per la sezione inediti con il lungo racconto L’odore del fieno, nel 2007 pubblica il suo primo romanzo, Nel nome del padre, con la casa editrice Fernandel. Da oltre dieci anni scrive articoli per riviste letterarie online e cartacee. Dal 2011 cura il blog letterario corsierincorsi.it. Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati in diverse antologie collettive fra cui Quello che c’è tra di noi, a cura di Sergio Rotino (Manni Editore, 2008), Dizionario affettivo della lingua italiana, a cura di Matteo B. Bianchi e Giorgio Vasta (Fandango Libri, nell’edizione 2009 e 2019), Orbite vuote, a cura di Marco Candida (Intermezzi Editore, 2011), oltre ad un approfondimento su Massimo Bontempelli accolto nel saggio L’unica via è il pensiero a cura del professore Hervé A. Cavallera (Intermedia Edizioni, 2019). Nel 2021, Sara Durantini ha pubblicato L’evento della scrittura. Sull’autobiografia femminile in Colette, Marguerite Duras, Annie Ernaux per la casa editrice di Milano 13 lab Editore.

Articoli simili

You don't have permission to register