Sulle tracce di San Valentino: fonti e testimonianze storiche tra Terni e Roma
Tanto celebrato quanto sconosciuto: la figura di San Valentino, protettore di Terni e degli innamorati, è da sempre avvolta nel fascino e nel mistero. Venerato in tutto il mondo come martire, taumaturgo e in qualche caso protettore degli animali, degli agrumeti e persino degli epilettici, come laicissimo patrono degli innamorati ha ispirato poesie, canzoni, tradizioni folkloristiche, cartoline, cicli pittorici, festival e milioni di lettere d’amore. Eppure, ancora nessuno ha capito chi fosse veramente.
La maggior parte delle notizie che abbiamo su di lui sono tramandate da racconti nati dopo il XVII secolo, mentre la testimonianza più antica è contenuta nel Martirologio geronimiano compilato tra il 431 e il 450.
Quel che è certo, però, è che il culto di San Valentino a Terni è antichissimo: sulla sua tomba già nel IV secolo era stata costruita una chiesa, rasa al suolo dai Goti nel VI e ricostruita nel VII secolo. Distrutta ancora dagli Ungari, poi dai Normanni e infine dai Saraceni, la basilica viene ricostruita ancora una volta e affidata ai monaci benedettini; poi è abbandonata a un progressivo degrado fino a quando, nel 1605 (tre anni dopo la citazione del santo nell’Amleto di Shakespeare) il vescovo Giovanni Antonio Onorati promuove una campagna di scavi per riportare alla luce la tomba di San Valentino e ordina la costruzione di una nuova basilica affidata poi ai carmelitani.
Nel frattempo, nella Passione di Maris, Marta, Audiface e Abacuc viene citato un santo chiamato Valentino, prete di Roma, che guarisce dalla cecità la figlia del principe Asterio e battezza lei, il padre e tutti i membri della famiglia, trovando la morte il 14 febbraio sulla via Flaminia, durante l’impero di Claudio II, e cioè tra il 268 e il 270.
Il martire viene sepolto sopra a quella che diventerà poi la Catacomba di San Valentino, al secondo miglio della via Flaminia. Sulla tomba Papa Giulio I farà edificare anche la Basilica di San Valentino, che verrà ampliata nel corso dei secoli e arricchita di un monastero benedettino. La tomba, tuttavia, verrà traslata nel IX secolo nella basilica di Santa Prassede, e chiesa e cimitero saranno progressivamente abbandonati per tornare alla luce nell’Ottocento ed essere distrutti da un’alluvione nel 1986.