
IPCC: pubblicato il nuovo rapporto di sintesi sui cambiamenti climatici
IPCC: pubblicato il nuovo rapporto di sintesi sui cambiamenti climatici
Il 20 marzo 2023 è stato pubblicato l’ultimo rapporto di sintesi dell’International Panel on Climate Change (IPCC) dell’ONU, principale organismo scientifico internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici. Questo documento ha lo scopo di riassumere e rendere con termini più accessibili ai decisori politici gli anni di studi sulle cause e le conseguenze dell’aumento della temperatura media globale. Spoiler: il ritmo e la portata attuali dell’azione per il clima non sono sufficienti per affrontare il cambiamento climatico.
L’International Panel on Climate Change (IPCC) è il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici, istituito nel 1988 dalla World Meteorological Organization (WMO) e dallo United Nations Environment Programme (UNEP) per fornire al mondo una visione chiara e scientificamente fondata dello stato attuale delle conoscenze sui cambiamenti climatici e sui loro potenziali impatti ambientali e socio-economici. Si tratta pertanto di un organo intergovernativo aperto a tutti i Paesi membri delle Nazioni Unite e della WMO; attualmente, ne fanno parte 195 Paesi.
Il lavoro dell’IPCC consiste principalmente nell’esaminare e valutare le più recenti informazioni scientifiche, tecniche e socio-economiche prodotte in tutto il mondo, importanti per la comprensione dei cambiamenti climatici, senza fare ricerca diretta. Migliaia sono i ricercatori e gli studiosi provenienti da tutto il mondo che danno il loro contributo a questo importante lavoro su base volontaria; in questo modo, l’IPCC assicura anche una valutazione completa e obiettiva delle informazioni riportate. Anche i governi partecipano al processo di revisione e alle sessioni plenarie, dove sono prese le principali decisioni sui programmi di lavoro e dove vengono accettati, approvati e adottati i Rapporti.
L’IPCC è diviso in tre gruppi di lavoro (Working Group – WG) e una Task Force. Il primo gruppo di lavoro si occupa di studiare gli aspetti scientifici del sistema clima e dei cambiamenti climatici; il secondo, di valutare la vulnerabilità dei sistemi naturali e socio-economici, gli impatti dei cambiamenti climatici e le opzioni di adattamento; il terzo gruppo, infine, di valutare le opzioni di mitigazione dei cambiamenti climatici attraverso la limitazione, il contrasto e la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra in atmosfera. Nel 2007, l’IPCC ha vinto il Premio Nobel per la Pace “per l’impegno profuso nella costruzione e nella divulgazione di una maggiore conoscenza sui cambiamenti climatici antropogenici, e nel porre le basi per le misure che sono necessarie per contrastarli”.
Il 20 marzo 2023 è stato pubblicato l’ultimo rapporto di sintesi, documento finale del Sesto Rapporto di Valutazione dei Cambiamenti Climatici (AR6). Le sezioni precedenti erano state “Le basi fisico-scientifiche” (2021), “Impatti, adattamento e vulnerabilità” (2022), “Mitigazione dei cambiamenti climatici” (2022). Oltre a queste, il rapporto comprende altri documenti come “Riscaldamento Globale di 1.5” (2018), “Climate Change and Land” (2019) e “Oceano e Criosfera in un clima che cambia” (2019).
Il documento è strutturato in tre parti (stato attuale e tendenze, cambiamento climatico futuro, rischi e risposte a lungo termine, risposte a breve termine) e riassume lo stato delle conoscenze sul cambiamento climatico, i suoi impatti e rischi diffusi, la mitigazione e l’adattamento. Il rapporto di sintesi fa anche un punto su alcuni danni concreti causati dai cambiamenti climatici: la diminuzione dei pesci nei mari, il calo della produttività delle aziende agricole dovuto (in primis) alla siccità, la moltiplicazione di malattie infettive e una frequenza senza precedenti di eventi meteorologici estremi.
Tra i punti focali del rapporto, si pone l’attenzione sulla necessità di aumentare i finanziamenti agli investimenti per il clima di almeno 3-6 volte per raggiungere gli obiettivi climatici globali: i governi giocano un ruolo fondamentale in questa fase, considerando anche che i paesi meno sviluppati richiedono finanziamenti esterni per soddisfare le esigenze di adattamento. Sono proprio questi ultimi solitamente a subire maggiormente le conseguenze del cambiamento climatico, pur essendo i paesi che hanno contribuito di meno ad esso. Le persone in aree altamente vulnerabili hanno fino a 15 volte più probabilità di morire a causa di inondazioni, siccità e tempeste rispetto a quelle che vivono nelle aree più resilienti.
A tal proposito, Christopher Trisos, uno degli autori del rapporto, sostiene: “I maggiori guadagni in termini di benessere potrebbero derivare dalla priorità di ridurre i rischi climatici per le comunità a basso reddito ed emarginate, comprese le persone che vivono negli insediamenti informali. L’accelerazione dell’azione per il clima sarà possibile solo se i finanziamenti aumenteranno in modo considerevole. Finanziamenti insufficienti e disallineati frenano i progressi”.
Nel 2018, l’IPCC aveva evidenziato la portata della sfida necessaria a contenere il riscaldamento entro 1.5°C (limite fissato in occasione dell’Accordo di Parigi sul clima nel 2015). Cinque anni dopo, questa sfida è diventata ancora più grande a causa del continuo aumento delle emissioni di gas serra. Il ritmo di ciò che è stato fatto finora, e i piani attuali, sono insufficienti per affrontare il cambiamento climatico. La chiave di volta allora diventa una strategia che faccia riferimento a uno sviluppo resiliente al clima: ciò comporta l’integrazione di misure di adattamento ai cambiamenti climatici con azioni di mitigazione delle emissioni di gas climalteranti in modo che forniscano benefici più ampi. È necessario ridurre drasticamente l’impiego di combustibili fossili (principalmente carbone, petrolio e metano) e le emissioni ad essi associate in modo rapido e deciso per creare un mondo più sicuro e sostenibile.
Contestualmente, è importante sviluppare delle tecnologie di rimozione della CO2 dall’atmosfera e implementare quelle già esistenti. Infatti, il raggiungimento della neutralità carbonica non prevede di smettere del tutto di produrre gas serra (cosa che, tra l’altro, nelle condizioni socio-economiche attuali sarebbe irrealizzabile) ma rimuoverne una quantità pari a quella che viene immessa nell’atmosfera. Le piante sono biologicamente predisposte per catturare anidride carbonica e produrre ossigeno sfruttando solo l’energia solare (fotosintesi clorofilliana): gli alberi sono il vero polmone del nostro Pianeta. Combattere la deforestazione e promuovere la gestione e lo sfruttamento sostenibile delle foreste è un punto di partenza di fondamentale importanza se vogliamo raggiungere gli obiettivi climatici globali.
Per fare ciò, bisogna innanzitutto aumentare la consapevolezza e la coscienza di ognuno di noi riguardo quello che ci circonda: quello che mangiamo, quello che compriamo, quello che usiamo e come lo usiamo. Il principale motore della deforestazione è l’agricoltura industriale, cioè la conversione delle foreste in terreni coltivati; di questi, il 40% è destinato alla produzione di mangimi per gli allevamenti intensivi, i quali a loro volta sono responsabili per il 17% delle emissioni di gas serra in atmosfera, superando la produzione di emissioni dovute a automobili e furgoni messi insieme.
I cambiamenti nel settore alimentare, nel settore dell’energia elettrica, nei trasporti, nell’industria, negli edifici e nell’uso del territorio possono ridurre le emissioni di gas serra. Allo stesso tempo, possono rendere più facile per le persone condurre stili di vita a basse emissioni di carbonio, migliorando così anche la salute e il benessere. Una migliore comprensione delle conseguenze del consumo eccessivo può aiutare le persone a fare scelte più consapevoli.
Il presidente dell’IPCC Hoesung Lee ha dichiarato: “I cambiamenti trasformativi hanno maggiori probabilità di successo quando c’è fiducia, quando tutti collaborano per dare priorità alla riduzione dei rischi e quando i benefici e gli oneri sono condivisi in modo equo. Viviamo in un mondo eterogeneo in cui ognuno ha responsabilità diverse e diverse opportunità di apportare cambiamenti. Alcuni possono fare molto, mentre altri avranno bisogno di sostegno per gestire il cambiamento”.
Maria Vittoria Castori