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Sulla natura, sull’ascolto e sulla percezione di sé: il paesaggio educatore

Può il paesaggio educare? Che cosa ci insegna e come può essere insegnato?

Il paesaggio è un educatore lento, silenzioso, ma efficace. Il paesaggio che amiamo ci modella inconsciamente, nutre la nostra anima di immagini, fin dalla nostra primissima infanzia. Sicuramente la natura armoniosa delle colline umbre avrà ispirato Francesco d’Assisi e gli avrà insegnato ad amare tutto il creato.

“Una pedagogia senza paesaggio è come una stanza senza finestre” dice Raniero Regni nel suo bellissimo libro Paesaggio Educatore (Armando Editore). Il paesaggio ci invoglia a recuperare il rapporto con il nostro corpo, con i nostri piedi e le nostre gambe.

Risveglia i sensi; l’olfatto torna a vivere e con lui gli odori e i ricordi della nostra infanzia, di ogni nuova esperienza che si è fissata in maniera indelebile nella nostra memoria. È fatto di odori e sapori che riaccendono la nostra gioia di vivere, di pensare e di amare.

Il paesaggio è una scuola del vedere e del sentire: è pieno di echi, di voci che parlano, a chi è in grado di ascoltare. Ci insegna ad amare e a rispettare ciò che è piccolo, il dettaglio, così caro al bambino, capace di stupirsi di fronte ad un insetto o ad una foglia che si muove al vento.

La bellezza del paesaggio parla al nostro cuore e ci spinge a fuggire da certi luoghi per ricercarne altri, capaci di dialogare con la sfera più intima del nostro essere: è il visibile che risveglia e dialoga con l’invisibile, il paesaggio naturale che si fonde con il paesaggio interiore di ciascuno di noi. L’uomo è il paesaggio che lo circonda ha scritto Rilke.

Dobbiamo tornare ad immergerci in esso con tutti i sensi, la sua pedagogia è anche la pedagogia del camminare, per perdersi e poi ritrovarsi. Ma il paesaggio appartiene a chi lo ama e l’amore, la conoscenza e il rispetto crescono assieme e vengono alimentati dall’educazione.

Le nostre didattiche al Bosco di San Francesco vogliono risvegliare nel bambino l’interesse per l’ambiente in cui vive, presentando piante, animali, pietre, torrenti. Ciò è rafforzato da passeggiate in natura durante le quali gli allievi possono cogliere direttamente il paesaggio e vivere l’avvicendarsi delle stagioni. La terra è presentata loro come un organismo vivente.

Il gradimento per gli ambienti naturali non è solo innato, ma è anche conseguenza di una vicinanza acquisita in età infantile, quando le attività di gioco più divertenti e formative si svolgono all’aria aperta. Durante queste attività gli elementi della natura partecipano attivamente alla costruzione della memoria dell’individuo. Si stabilisce così un legame affettivo che farà percepire la natura come parte di sé.

Diversi studi nei paesi anglosassoni hanno dimostrato che la frequentazione di ambienti naturali stimola la capacità cognitiva del bambino in maniera duratura, sia in età prescolare che scolare. Rimarrà nel bambino, diventato ormai adulto, una forte sensibilità ambientale.

Al contrario, l’utilizzo esagerato di apparecchi elettronici sembra estrometterci dal richiamo della natura. In essa il bambino può godere della massima libertà di movimento, può sperimentare giochi di equilibrio su sassi, tronchi, rami, ha a disposizione la più ricca varietà di oggetti, materiali e superfici con i quali entrare in contatto.

Particolare importanza viene data, quindi, a tutte quelle attività ed esperienze che permettono ai bambini di sviluppare le loro facoltà sensoriali, favorendo così una sana percezione di sé e del mondo circostante, fondamentali per ogni futuro apprendimento: le esperienze sensoriali vissute con calore e gioiosa vitalità accompagnano un sano processo di crescita.

Se i sensi vengono educati in modo salutare, da essi si svilupperanno alcune qualità del bambino di domani, consentendogli una piena e libera espressione di sé.

Che cosa altro ci dona il paesaggio? il suo silenzio ci educa all’ascolto e l’ascolto può essere terapeutico. Non c’è più quasi nessuno che sappia ascoltare. Ascoltare è un’offerta, un dare, un dono.

Come Momo nel romanzo di Michael Ende:
Quello che la piccola Momo sapeva fare come nessun altro era ascoltare. Non è niente di straordinario, dirà più di un lettore, chiunque sa ascoltare. Ebbene è un errore. Ben poche persone sanno veramente ascoltare. L’ascolto di Momo opera miracoli: induce le persone a pensieri ai quali mai sarebbero giunte da sole.

L’ascolto riconcilia, guarisce, redime.

Il paesaggio educa all’ascolto, all’ascolto delle sue voci segrete. E può aiutarci a riscoprire l’altro, in una società dove l’altro è stato escluso. Ed è il tempo dell’altro, all’opposto del tempo del sé, che fonda una comunità.

Biografia

Laureata in lettere, lavora al bosco dal 2014. Si occupa delle didattiche per le scuole e degli eventi per famiglie e bambini E’ iscritta al terzo anno del corso di laurea in scienze della formazione, ha collaborato con il Cidis, vincitrice di una borsa di studio presso la Luiss scuola di management in Gestione delle risorse umane ed organizzazione. Ha lavorato con il Comune di Perugia alla mostra Perugino Divin Pittore e a Palazzo Reale a Milano alla mostra Ukiyoe e il mondo fluttuante.

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