Umbria Green Magazine: verso un nuovo paradigma terrestre
Qualche giorno fa mi è venuto a trovare un caro amico, Amedeo Alma, Ingegnere Navale. Lavora in Scozia, in certi cantieri di un paese impronunciabile. Per omaggiarlo gli ho preparato una zuppa di Haggis, il piatto della tradizione scozzese, fatto con interiora di pecora, macinate insieme a cipolla, spezie, grasso di rognone, brodo e frattaglie.
Abbiamo anche sorseggiato il classico Scotch Whisky e dopo qualche bicchiere Amedeo ha iniziato a parlare senza fermarsi più:
“Posso dire di essere un ecologista e odiare la natura? Posso liberare l’ambientalismo da questa logica che lo costringe ad essere per forza amante della natura? Odio gli amanti della natura, i giardini, odio i bombi che mi ronzano intorno, temo le formiche che si aggrappano ai miei piedi e salgono fino alle ginocchia, odio le piante che non conosco. Ma, nonostante questo, sono sicuramente una persona che vuole un futuro sostenibile. Non per la natura; per l’uomo, per i miei figli. La Terra dopo di noi sarà un ammasso di carcasse di cemento che nei secoli verrà inghiottito dagli elementi naturali. Nei millenni, ogni forma del nostro passaggio su questa parte del globo terracqueo sarà scomparsa.”
Dal suo punto di vista chi odia la natura potrebbe salvare il mondo: fare bene la raccolta differenziata, non gettare cartacce per terra, attivare buone pratiche sarebbero strategie necessarie a preservare il genere umano. Solo per questo bisognerebbe attuarle.
Odio così tanto la natura che sarebbe meglio non farla incazzare.
Mentre ragionavo su queste cose, Amedeo continuava a parlare, citando a memoria un brano del misterioso libro di Antonin Artaud dedicato a van Gogh:
“Non starò dunque a descrivere un quadro di van Gogh dopo van Gogh, ma dirò che van Gogh è pittore perché ha ricomposto la natura, che l’ha come ritraspirata e fatta sudare, che ha fatto schizzare a fasci sulle sue tele, a spazzi di colori quasi monumentali, la secolare frantumazione di elementi, la spaventosa pressione elementare di apostrofi, di strie, di virgole e sbarre di cui non si può più non credere, dopo di lui, che siano composti gli aspetti naturali”.
Sarà stato il Whisky o l’Haggis o Artaud, fatto sta che a quel punto ho capito come dare nuova linfa ad Umbria Green Magazine.
La pressione degli apostrofi, le strie, le virgole, la frantumazione degli elementi sono ciò che racconteremo, ci metteremo cuore, fegato e polmoni, assieme a cipolla, grasso di rognone, farina d’avena, sale e spezie, aggiungeremo la fatica del seminatore al tramonto e i girasoli, tanti girasoli.
Sono onorato di poter dare il benvenuto a Silvia Grossi, che sarà la nuova direttrice editoriale del Magazine.
Silvia è scrittrice, antropologa ed etnografa, con il romanzo L’ultimo respiro del sole (Laurana Editore) ha vinto il Premio Fontamara al XXV Premio Internazionale Ignazio Silone 2022. Collabora con riviste nazionali e con Enti di Cooperazione internazionale. Darà il suo contributo, portando anche altri scrittori, studiosi, sulle pagine del nostro Magazine.
La ringrazio personalmente per aver creduto sin da subito al nostro lavoro e invito tutti i lettori a seguirci nei prossimi mesi.
Usciranno tanti nuovi contributi che arricchiranno il dibattito legato agli obiettivi dell’agenda 2030 con la consapevolezza che l’ambientalismo del futuro, come scrive Telmo Pievani, dovrà per forza di cose essere una nuova forma di umanesimo, o non sarà.
Ringrazio, infine, Silvia perché credo fermamente che, come scriveva Kundera, “la donna sarà il futuro dell’uomo o sarà la fine dell’umanità, perché solo la donna è in grado di nutrire dentro di sé una speranza che nulla alimenta e di invitarci in un dubbio futuro, nel quale, se non fosse per le donne, avremmo smesso di credere già da tempo.”
Il futuro è nell’eterno femminino che move ‘l sole e l’altre stelle.