
Il mondo di ieri
“Ulrich fa sempre con la massima energia soltanto le cose che non ritiene necessarie”
Robert Musil L’uomo senza qualità
Se vogliamo parlare di lotta ai cambiamenti climatici dovremmo prendere in seria considerazione i bagni di Vienna. Forse, nel mio viaggio in questa “metropoli supernazionale bimillenaria”, simbolo di un’epoca indimenticabile descritta da Stephen Zweig in tutto il suo splendore e nelle sue contraddizioni ne Il mondo di ieri, posso ritrovare un barlume di quel tempo perduto, la suprema epopea dell’Austria Felix che tanto condizionò la cultura europea all’inizio del Novecento, prima della Grande Guerra.
L’interrogativo più angosciante però è proprio questo: ciò che vedo è speranza in un futuro diverso o solo l’ottimismo frettoloso dello stesso Zweig?
Il mondo di ieri, pubblicato postumo nel 1944, due anni dopo il suicidio dell’autore, è segnato dalla consapevolezza della definitiva scomparsa degli antichi valori e dall’imponente rassegnazione di fronte all’irreversibilità degli eventi. C’è un’atmosfera autunnale in quel libro bellissimo, una strana malinconia, che ho ritrovato camminando per le vie di Vienna. Non nei grandi palazzi, non nei monumenti e nei sontuosi castelli, non al Museo Leopold o al Belvedere, non nella stupenda mostra di Wong e Van Gogh all’Albertina, nemmeno nella musica, anche se qui “aveva mandato la sua luce immortale la settemplice costellazione di Gluck, Haydn, Mozart, Beethoven, Schubert, Brahms e Giovanni Strauss”. No, per ritrovare il mondo di ieri sono dovuto entrare in un bagno austriaco, perché era pieno di monarchia asburgica. E rimaneva incredibilmente pulito, nonostante lo utilizzassero centinaia di persone al giorno.
Andare in bagno, anche solo per controllarne lo splendore, era il mio appuntamento quotidiano con la metafisica, era una specie di “commovente fiducia di poter chiudere anche l’ultima falla all’irrompere della sorte”. Ritrovavo “l’età d’oro della sicurezza” dove “ognuno sapeva quanto possedeva e quanto gli era dovuto, quel che era permesso e quel che era proibito: in cui tutto aveva una sua norma, un peso e una misura precisi”.
Ho passato ore in un caffè o in treno per poter confermare la mia tesi, andando a controllare lo stato del bagno ogni trenta minuti e verificando che nessun dipendente nel frattempo fosse andato a pulirlo, e che non ci fosse nessuno a chiedere soldi per tenerlo in ordine.
Così ho potuto ritrovare una certa idea di futuro.
Non amo viaggiare: ogni volta che lo faccio mi prende una strana angoscia che mi porto dietro fin dal disastro di Chernobyl, quando per la prima volta mi sono scontrato con la realtà atomica, con l’idea di esplosione, del fuoco che si diffonde e scava nell’aria e succhia l’ossigeno in un attimo: ricordo che ci dicevano di non mangiare le verdure, di non stare troppo tempo fuori a giocare. Quando soffiava il vento e si addensavano le nubi dovevamo correre a casa.
Dopo il crollo delle Torri Gemelle non ho più preso un aereo – viaggio solo in treno e mi convinco di farlo perché è più Green, per dare il buon esempio -; se sono in un luogo affollato cerco di individuare il possibile terrorista – di solito ce ne sono sempre un paio pronti a tirare fuori un coltello o a farsi esplodere; controllo le strade e mi metto ad ascoltare i rumori delle auto che passano. Se qualcuno accelera o inizia a sbandare vuol dire che c’è un pazzo che sta cercando di investire più persone possibili.
Sono diventato un osservatore scrupoloso. Vedo tutto ciò che mi sta intorno e lo analizzo per annullare ogni possibile rischio: l’obiettivo è sopravvivere, invecchiare per avere un futuro.
Dunque, posso affermare senza ombra di dubbio di aver visto a Vienna dei bagni pulitissimi. Ma non solo: viaggiando in treno attraverso l’Austria, ho guardato fuori dal finestrino continuamente, cercando invano dei rifiuti in mezzo all’erba che cresce tra le rotaie, osservando le periferie, sperando di scorgere un po’ di plastica tra i capannoni, oppure qualche pneumatico lasciato davanti a delle fabbriche, o degli elettrodomestici sotto ad un ponte.
Forse, se concentrassimo le nostre forze su ciò che possediamo realmente – il senso della libertà interiore, sempre secondo Zweig – potremmo davvero fare qualcosa di buono e aspettare con calma e speranza che si liberi il bagno. E a quel punto accadrebbe l’impensabile: una signora tirolese aprirebbe la porta e, prima di uscire, pulirebbe lo specchio, il lavandino, il water. Con sforzo titanico, allora, anche noi, potremmo decidere di lasciare il bagno pulito, perché dopo di noi arriverà qualcun altro che confiderà nella cura che avremo per le cose che sono dell’uomo. E così via…
“Noi, trascinati dalle cateratte della vita, divelti da ogni vincolo di fraternità, noi che dobbiamo ricominciare appena sospinti verso una fine, noi vittime e insieme servitori volonterosi di ignote forze mistiche, noi per cui ogni serenità è leggenda e ogni sicurezza sogno puerile” possiamo sentire ancora, in ogni fibra del nostro corpo, “la tensione da un polo all’altro e il brivido dell’eterno rinnovamento”: ripartiamo, dunque, senza indugio, dai bagni di Vienna, per andare verso un nuovo paradigma terrestre.