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Le viaggiatrici del Grand Tour. Intervista a Simonetta Neri

Intorno al 2005 ebbi la fortuna di frequentare il corso accademico sulla storia dell’editoria italiana del professore e critico letterario Gian Carlo Ferretti. Fu uno dei corsi più intensi di quegli anni per vivacità culturale ed eleganza letteraria e ne conservo, tuttora, un ricordo appassionato. Ebbene, conversare con Simonetta Neri, già traduttrice, professoressa e scrittrice, ha smosso quei ricordi vivissimi circa l’editoria italiana, ricordi attraversati da quel romanticismo proprio di chi, come la ragazza che ero nei primi anni 2000, si affaccia per la prima volta al mondo delle lettere e delle arti. Dal piacevole incontro è nata questa intervista, che inizia con il lavoro sulla scrittura sull’ultima fatica letteraria di Neri scritta con il professor Attilio Brilli, Le viaggiatrici del Grand Tour. Storie, amori, avventure pubblicata dalla casa editrice Il Mulino nel 2020. Leggere questo libro, tenendo d’occhio le opere letterarie che lo attraversano, direttamente e indirettamente, offre molti vantaggi, primo fra tutti una completa panoramica sul ruolo della donna in relazione al viaggio e all’ambiente circostante tra la fine del Settecento e l’Ottocento.

 

Le viaggiatrici del Grand Tour. Storie, amori, avventure pubblicato dalla casa editrice Il Mulino nel 2020 è il libro scritto con il professor Attilio Brilli, esperto di letteratura di viaggio. Come è nato il libro, quale lavoro, in termini di ricerche e raccolta documenti, ha implicato e come ti sei mossa nei confronti del materiale letto e analizzato?

Possiamo dire che tutto ha inizio nel 2002 quando, con il professor Brilli, esperto di letteratura di viaggio, pubblicai, con la collaborazione di Gabriella Tomassini, Il fragore delle acque. La cascata delle Marmore e la valle di Terni (24 Ore Cultura) nell’immaginario occidentale una guida che ha varcato i confini della provincia. Il fragore delle acque ci diede modo di presentare la cascata così come è apparsa ai viaggiatori del Gran Tour quale una delle mete dei giovani rampolli dell’Europa del nord che suscitava grande emozione da un punto di vista naturalistico e non solo. Io e Gabriella Tomassini siamo state chiamate a collaborare a un’opera che potesse raccogliere tutte le voci di viaggiatori che avevano visitato la Cascata delle Marmore. Notammo, allora, che molti erano nomi di donne e questo ci incuriosì per quel tempo lontano. Successivamente abbiamo collaborato ad altri progetti, quali traduzioni e volumi, senza scordare il lavoro fatto sui viaggiatori e viaggiatrici in visita alla Cascata. Abbiamo continuato a raccogliere sempre più informazioni su queste donne in viaggio. Ci siamo concentrati sia sulle personalità ma soprattutto sulle opere, quindi il lavoro successivo ha rappresentato la raccolta di opere che spesso non erano in commercio (da questo punto di vista il reperimento di documenti online oppure tramite biblioteche sia nazionali sia inglesi o americane è stato preziosissimo). Alla fine, abbiamo raccolto molto materiale. Dopo aver lavorato a lungo su questo materiale si è pensato di creare un libro che ha coinvolto circa un altro anno e mezzo di lavoro sulle viaggiatrici del Gran Tour la cui ambientazione è tra Settecento e Ottocento.

 

Viaggio e donne. Quale similitudine hai rintracciato, durante gli studi e la preparazione del libro, tra il viaggio (fisico e interiore) e l’universo femminile?

Le donne in viaggio erano donne già particolari; non si può confrontare il viaggio del primo Novecento fino ad arrivare ai giorni nostri con il viaggio delle donne del Settecento. Queste ultime erano donne che avevano cultura e aspiravano a dimostrare la loro preparazione e il loro desiderio di approfondire lo spirito che le animava verso la conoscenza. Inoltre, erano donne che desideravano dimostrare la loro autonomia, desideravano uscire dagli schemi fissi che, da sempre, avevano relegato la donna entro un cerchio, un giardino molto stretto. Erano donne eccentriche, orgogliose di essere considerate quali donne che potevano affrontare un viaggio in carrozza e anche capaci di esprimere idee. Non erano donne che si limitavano a scrivere ciò che accadeva durante la giornata ma davano opinioni sulla bellezza estetica del luogo, sulle persone che incontravano, sui sistemi politici e governativi dei vari stati, come ad esempio giudizi su Napoleone. Quasi tutte queste donne appartenevano a un livello sociale elevato. Questo discorso si può aprire a tante considerazioni: ci basterà ricordare Lady Blessington che ha sofferto la segregazione del proprio corpo, di nascosto incontrava una maestra per poter leggere, poi il padre l’ha venduta in cambio di pochi soldi, il primo marito ha fatto lo stesso e questa catena di dolore non si è più spezzata. Blessington è diventata succube dell’onnipotenza del patriarcato, tuttavia è riuscita a diventare una gran dama di spirito, appassionata della poesia di Byron tant’è che arrivata in Italia, a Genova, ripercorre tutti i luoghi da lui visitati. Vite avventurose, quelle di queste donne, dove l’esperienza drammatica viene superata dal desiderio di conoscenza e rivalsa verso il maschio dominante.

 

Un nome tra tutte: Mary Shelley.

Lei rappresenta la donna in perpetuo viaggio, la donna più carismatica del suo tempo e profondamente pre-romantica, la donna che riesce a sprigionare quella forza di sentimento che forse nessun’altra aveva espresso in quel periodo. Mary Shelley è anche la donna fuga, in perpetua fuga, per non accantonare mai i suoi desideri, colei che fugge in Francia al seguito di Percy Bysshe Shelley per poi rientrare in Inghilterra. I suoi continui viaggi, compresa la visita in Italia, accrescono la sua creatività. Le sue prime produzioni non vengono direttamente firmate con il suo nome e questa è una caratteristica delle donne del Grand Tour le quali, quando pubblicano, non firmano o non usano il proprio vero nome. Mary Shelley, che per tutta la vita ha avuto un rapporto tormentato e ricco di incomprensioni con il padre e provata dalle numerose umiliazioni in società, riesce a riscattarsi anche e soprattutto attraverso la scrittura.

 

Si tratta quindi di donne che nonostante le difficoltà sociali e sentimentali, sentono il bisogno di imporre la loro voce, di diventare visibili.

Esatto. Tutte le sedici donne descritte, pur nelle loro diversità, riescono a dimostrare la loro emancipazione, costruendo la loro identità fuori da quel cerchio nel quale il patriarcato voleva relegarle. Oltre a Mary Shelley potrei citare Madame de Stael che scrive Corinne, or Italy libro-monumento della letteratura femminile.

 

Donne anticipatrici del femminismo.

Diciamo che si tratta di donne non così attratte dal femminismo ma ne diventano l’espressione senza averne la bandiera, il loro essere donna è in se stesse. Con loro inizia a riconoscersi la donna quale essere pensante non solo in funzione della famiglia, al servizio del marito e dei figli. La donna non è più colei che è costretta a studiare le maniere per prepararsi alla società ma è tanto di più.

 

E questa capacità di esprimere loro stesse vien scoperta soprattutto durante i viaggi in Italia.

L’Italia è la terra amata e sognata che, difatti, rappresenta il luogo di realizzazione completa della loro formazione culturale e di un modo di vivere libero e drammatico. Fondamentale per queste donne in viaggio è l’incontro con dame senza trucco e senza parrucche, che ridono liberamente come nella corte di Napoli. Questi incontri destabilizzano le dame d’Inghilterra così abituate al rigore. L’Italia è anche il Paese dove è possibile la ricerca dell’indipendenza politica (ad esempio con la conoscenza dei giovani carbonari: queste dame nutriranno una grande simpatia per questi giovani che si stavano preparando a creare un’altra visione dell’Italia). Infine, il nostro Paese è patria dell’arte e del mondo antico con i suoi resti e reperti storici: la bellezza del paesaggio e la natura incontaminata saranno elementi fondanti per le opere e gli animi di queste donne in viaggio.  Da questo punto di vista si può sottolineare la diversità di sguardo sul paesaggio tra l’uomo e la donna: mentre l’uomo descrive magistralmente il paesaggio ma la sua osservazione tende alla sopraffazione, la natura deve piegarsi al suo sguardo; la donna, al contrario, si immerge totalmente, si getta nel paesaggio e sa leggere il messaggio della natura (stupenda è l’immagine di Mary Shelley che legge nel foro romano). Per la donna la vicinanza con la natura e il paesaggio italiano rappresenta la possibilità di esprimere se stesse apertamente.

 

E a proposito dello sguardo femminile sul paesaggio e sulla natura, come puoi descriverci il tuo sguardo e il tuo rapporto con la tua terra anche alla luce delle tue pubblicazioni sulla Valnerina e sull’Umbria?

Sono nata nella Valnerina e c’è un amore di conoscenza e di crescita che mi lega a questa terra. Ho scritto una guida su Terni, conosco la città molto bene da un punto di vista storico, dalle civiltà più antiche fino alla contemporaneità in cui è immersa Terni, una contemporaneità caratterizzata dall’attesa di trovare qualche realizzazione diversa. Spinta da un amore che ho ereditato dalla mia famiglia e anche da uno studio costante, mi sono accorta che la nostra è una terra amata da chi è in viaggio, una terra dove i viaggiatori e le viaggiatrici di tutti i tempi trovano la libertà nel contatto stretto con la natura. La bellezza di alcuni luoghi, come la Cascata delle Marmore, ci fa comprendere quei concetti, di meraviglia e stupore, tali che ammirare proprio questi luoghi, e il loro splendore così mutevole, ci porta a riflettere sul continuo mutare umano sempre uguale ma al tempo stesso diverso.

 

 

Simonetta Neri  è traduttrice, scrittrice e docente di lingua inglese. Si dedica ad un ampio lavoro di traduzione e alla critica di personaggi (collaborando con diverse case editrici tra cui Sellerio), con particolare attenzione alle scrittrici di viaggio, alla letteratura di viaggio inglese e americana dell’800 e del primo ‘900. Profonda conoscitrice e appassionata delle tradizioni della storia della sua terra, l’Umbria, è autrice di numerose pubblicazioni e guide letterarie di questi luoghi. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo in collaborazione con A. Brilli Le viaggiatrici del Grand Tour. Storie, amori, avventure (Il Mulino, 2020), Valnerina. Itinerari tra natura, storia e mito. Invito al viaggio (Minerva Edizioni Bologna, 2018), con A. Brilli Sulle tracce di San Francesco (Il Mulino, 2016), con A. Brilli Alla ricerca degli eremi francescani fra Toscana, Umbria e Lazio (Le Balze, 2006), con A. Brilli e G. Tomassini Il fragore delle acque. La cascata delle Marmore e la valle di Terni nell’immaginario occidentale (24ore Cultura, 2002), Terni. Guida della città e dei dintorni (Edimond, 1999).
Biografia

Sara Durantini (San Martino dall’Argine – Mantova, 1984) consegue la laurea magistrale in lettere moderne presso l’Università degli studi di Parma nel 2009. Vincitrice dell’edizione 2005-2006 del Premio Tondelli per la sezione inediti con il lungo racconto L’odore del fieno, nel 2007 pubblica il suo primo romanzo, Nel nome del padre, con la casa editrice Fernandel. Da oltre dieci anni scrive articoli per riviste letterarie online e cartacee. Dal 2011 cura il blog letterario corsierincorsi.it. Alcuni suoi racconti sono stati pubblicati in diverse antologie collettive fra cui Quello che c’è tra di noi, a cura di Sergio Rotino (Manni Editore, 2008), Dizionario affettivo della lingua italiana, a cura di Matteo B. Bianchi e Giorgio Vasta (Fandango Libri, nell’edizione 2009 e 2019), Orbite vuote, a cura di Marco Candida (Intermezzi Editore, 2011), oltre ad un approfondimento su Massimo Bontempelli accolto nel saggio L’unica via è il pensiero a cura del professore Hervé A. Cavallera (Intermedia Edizioni, 2019). Nel 2021, Sara Durantini ha pubblicato L’evento della scrittura. Sull’autobiografia femminile in Colette, Marguerite Duras, Annie Ernaux per la casa editrice di Milano 13 lab Editore.

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