
Nei giardini di Afrodite – Saffo e la natura divina dell’amore
Il prezioso insegnamento dell’antichità sull’arte di coltivare l’intimità e le relazioni, valorizzando la qualità della vita e salvaguardando il mondo interiore, in risonanza con l’energia dell’universo.
Afrodite, nome che evoca la spuma marina, superficie briosa di abissi insondabili, secondo il mito era giunta a Citera veleggiando sulla cresta dell’onda e aveva poi eletto a dimora Paphos, a sud-ovest dell’isola di Cipro, dalle cui acque le sacerdotesse riemergevano vergini. Lo ricorda Ariosto nel Canto decimottavo dell’Orlando furioso dipingendo il giocondo luogo ove le donzelle son ardenti d’amore a tutte le età “infino all’ultime ore”. Non per nulla ai frutti di mare nell’area mediterranea si attribuisce potere afrodisiaco. Nel Museo della cittadina cipriota rimane il simulacro della cosiddetta Afrodite aniconica, un masso inerte che simboleggia il principio trascendente non raffigurabile, inscritto nella nuda pietra, preistorica eppure sempre attuale.
L’iconografia la ritraeva altresì volteggiante nell’aria accompagnata da stormi di tortore e passeri, messaggeri di delicata voluttà. La tortora, presente in Italia, Europa, Medio Oriente, e attraverso Pakistan e Afghanistan sino in India e Nepal, rientra difatti fra gli animali “fedeli” al partner prescelto. Accostamento efficace per sottolineare che, dietro la nostra retorica quinta romantica, la sostanza dei legami è la ragionevole “convenienza”, cioè la giusta compagnia per la migliore realizzazione individuale e la conservazione della specie. Se il punto critico è proprio la capacità di scegliere con giudizio, non meno importante è la con-cordia, che conta più dell’unione perché riguarda il piano profondo di sintonia tra due insiemi o tipologie.
Duplice era Afrodite per Platone, l’una celeste, figlia di Urano e senza madre, l’altra terrestre e plebea. Molte le coincidenze della prima con l’egizia Hathor, cielo adorno di stelle, fonte di nutrimento spirituale e metafisico, venerata spesso in ricoveri di cura. Altrettanto con Iside, che di Hathor ha ereditato alcune caratteristiche, dea della maternità divina e della guarigione magica o miracolosa. Forse si può citare per parziale somiglianza di significato nel pantheon indiano la figura di Krishna, l’Attraente, sceso sulla terra per stabilire la religione dell’amore, incarnazione della felicità che cancella il dolore (Hari).
Per coincidenza logica, a pochi anni di distanza dalla chiusura nel 529 dell’Accademia platonica (fondata nel 387 a.C.), in base a un editto dell’imperatore Giustiniano, stessa sorte toccò al tempio di Iside a Philae, isola sul Nilo a sud di Assuan, ultimo baluardo dei sacerdoti egizi, sul quale pure Augusto e Adriano erano intervenuti con modifiche architettoniche. Nel 535 il vescovo Teodoro lo aveva convertito a chiesa cristiana di Santo Stefano, ma nel VII secolo con gli arabi cessò ogni funzione. Ancor oggi l’edificio sacro, spostato ad Agilkia dopo la costruzione della diga di Assuan, raggiungibile solo in barca, appare gradualmente quasi miraggio nel deserto e infine giganteggia risplendendo a fior d’acqua, gioiello di bellezza e arte, uno dei pochi luoghi al mondo (come Delos in Grecia) abitato dagli dèi.
Un’altra mitica isola ha ospitato un analogo culto, ossia Lesbo, ove a Ereso, nelle vicinanze di Mileto, era nata nel VII secolo a. C. Saffo. Rifugiatasi con la famiglia, di stirpe aristocratica, in esilio a Siracusa tra il 604 e il 599, in patria aveva poi diretto una scuola femminile divenuta iconica, un tiaso consacrato ad Afrodite, le muse e le Grazie. Io poetico oggettivo d’oro inalterabile che brilla e affascina, coscienza manifestata in versi sonori e danzanti, intima comunicazione con gli dèi chiamati “a rapporto”, modello di compiuta spiritualità afroditica:
“Dialogai in sogno con la dea nata a Cipro” (Frammento 2)
L’esempio più didattico è il noto componimento (Frammento 3) sul primato dell’amore riassunto nel personaggio di Elena di Troia, occasione per proclamare che la cosa più bella sulla nera terra non sono schiere di cavalieri, fanti o navi, bensì ciò che si ama. Elena infatti lascia lo sposo guerriero, la figlia, i genitori, la città e il popolo d’appartenenza per devozione ad Afrodite, più che per seguire Paride, in virtù e a causa della fascinazione divina cui non ci si può sottrarre. Eros, invece, è pervaso di desiderio e bisogno, preda di un’aspettativa vaga, irrazionale e indefinita che non sarà mai soddisfatta, assillo che torna di continuo e non può spegnersi. Saffo lo assimila ai vortici d’aria che si abbattono sugli alberi devastandoli:
Eros sconvolto ha la mente
qual vento che si scaglia
contro le querce sui monti.
(Frammento 17)
Eros che scioglie le membra, strisciante, dolceamaro (Frammento 10). Quest’ultimo un ossimoro di sua creazione. In un celebre brano (Frammento 18) viene pure descritta con precisione la sintomatologia dell’attrazione e della gelosia, che riardono l’animo e afferrano l’intero organismo, una condizione di vera e propria malattia con blocco della parola, occhi annebbiati, orecchie ronzanti, sudore e brividi, viraggio del colorito verso il giallo verde. Non a caso i critici hanno individuato un parallelo con i testi medici ippocratici (posteriori) e soprattutto con antichi papiri assirobabilonesi ed egiziani.
L’autrice incarna al meglio l’opzione civile e religiosa implicita nel culto di Afrodite, perché l’amore al primo posto corrisponde alla scelta (obbligata, vocazionale, missionaria) a favore della Poesia, strumento comunicativo e affettivo non funzionale all’economia e alla sopravvivenza. Un discorso “femminile”, da interni domestici e spazi recintati, estraneo al campo sociale e ai tipici valori maschili, costretti tra competizione per la supremazia e la gerarchia, muscolarità e pragmatismo, prestazione e conquista. Filosofia che premia un percorso di studio e meditazione, attingendo alla sorgente di una gioia ideale e sognante, senza rimpianti o rimorsi, riferimento celeste che sostiene nel dramma involutivo dell’esistenza terrena:
Bianche son diventate le nere chiome.
E greve s’è fatto l’animo, cedon le ginocchia
un tempo agili nella danza, come cerbiatte.
Ne piango spesso, ma di più che potrei fare?
Alla vecchiaia sfuggir non può l’umano.
(Fr. 13)
In contrasto con il canone che faceva coincidere bello e buono, estetica ed etica, Saffo afferma che la superficie vale se poggia sulla profondità. Dopo lo stupore per l’avvenenza che colpisce i sensi e desta sentimenti ambivalenti, si comprende che solo uno sguardo alternativo permette di cogliere l’invisibile e l’inesprimibile, disdegnando le mete limitative del possesso e del successo:
Chi è soltanto bello, è tale nell’istante in cui lo guardi.
Chi ora è eccellente, subito sarà anche bello.
(Fr. 41)
Occorre quindi tutelare il processo intimo di germinazione e fioritura, conseguire la vera bellezza e adornare la personalità realizzandosi sul piano spirituale, utilizzare l’energia amorosa per compiere un viaggio verso stadi superiori di regalità:
La Dea e le beate Grazie amano volger lo sguardo
su chi è in fiore, da chi non ha corone lo distolgono.
(Frammento 7)
Ácharis, sgraziata, era appunto detta la donna acerba, non ancora matura e completa. Fondamentale allora aver cura della crescita affettiva, psichica e mentale, non abbandonarla al caso, o peggio a incuria e negligenza, influssi nocivi e deturpanti. Cuore dell’insegnamento è lo scenario della devozione all’Afrodite dei giardini, tra templi fumanti d’incenso eretti in boschetti e frutteti, a cominciare dai meleti sacri, perché la mela dolce era augurio di fertilità, dono di nozze, pegno d’amore, simbolo del seno femminile e dei genitali maschili:
Qui fresche acque mormorano tra i rami
dei meli, ogni cosa ombreggiata è
di rose, e allo stormir di foglie
un sopore dall’alto stilla…
(Frammento 50)
Monito attualissimo su quanto conti un’adeguata concezione del bene e del male, votarsi a divinità positive e protettive o salvifiche, consapevoli dell’importanza di entrare in risonanza con le potenze cosmiche, operando per un’ecologia del mondo interno, specchio limpido o offuscato dell’universo. Da qui l’attenzione alla forma e allo stile, il rituale cerimoniale, il linguaggio mistico e lirico, il mito e la favola senza tempo che in noi attendono d’esser rivissuti. Poiché non si deve scherzare con le parole e le idee, che possono dominarci senza adeguata preparazione e formazione, ignorando che la creatività è nel progetto e non nella realizzazione in materiale deperibile.
Su tale scia Plotino (nato a Licopoli in Egitto nel 205), che aveva seguito in Persia l’imperatore Gordiano II per conoscere la filosofia iranica e indiana, dirà che in principio l’amore si sacrifica per ritrovarsi nella cosa amata e in una perenne vicissitudine di contrasti cerca di adeguarsi all’oggetto desiderato, perché il visibile seduce e inabissa l’incauto nei vortici di un divenire inesorabile. Ma, vincendo l’incantesimo e raccogliendosi in sé stessa, l’Anima può ritornare alle sue profondità e lì ritrovare l’Assoluto. A seconda della via che seguiamo, infatti, incontriamo forze che ci alleviano dalle nostre pulsioni più gravose, oppure ci rendono succubi di istinti sbrigliati e attaccamenti adesivi, ottenebrando l’intelligenza e l’inclinazione al risveglio.
Come negare che nella sfera affettiva vi sia chi cerca rose, un nobile e profumato fine, e chi potere, sicurezza, guadagno, vantaggio, cieco godimento? Serve dunque una consapevolezza preventiva, non solo a posteriori, grazie alla saggezza degli antenati e di buone guide esistenziali. A partire dalla presa d’atto che ogni rapporto è soggetto a logoramento e necessita di pause, per recuperare motivazioni e rigenerarsi. Se in biologia si procede per ritmi e fasi, nella psiche è benefica l’alternanza di moto centripeto e centrifugo, aggregazione e separazione, compagnia e solitudine. La mela solitaria sul ramo più alto, cantava Saffo, non fu dimenticata, invano tentarono di raggiungerla.