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Cento anni dalla nascita di Joseph Beuys, l’artista che difese l’ambiente e diede voce agli alberi

Cappello di feltro in testa, gilet da pescatore su camicia bianca, jeans e scarponi. D’inverno una lunga pelliccia di lince foderata di seta blu. Così appariva (e ci appare ancora nelle molte immagini che ha offerto di sé) Joseph Beuys, tra i protagonisti assoluti dell’arte del secondo dopoguerra. Artista-sciamano, riconoscibilissimo e iconico. Forse ancor prima delle sue opere. Lui stesso opera, nell’adesione totale alla coincidenza tra arte e vita.

A cento anni dalla sua nascita, avvenuta il 12 maggio 1921 a Krefeld nella Renania settentrionale, molte le iniziative (soprattutto in Germania, ma anche in Italia) per celebrare la sua figura, poliedrica e complessa, tra le più discusse del XX secolo. Beuys di certo appassionò l’opinione pubblica come pochi altri artisti del suo tempo, suscitando giudizi contrastanti che andavano dal “ciarlatano” al “genio”. A oggi, la mole degli scritti su di lui è sterminata e le sue opere conservate nei maggiori musei del mondo.

Nella sua personalissima visione dell’arte intesa come strumento di azione sociale (per scolpire la realtà bisogna costruire nuove forme di organizzazione sociale), Beuys riservò fin dai primi anni Settanta un’attenzione profetica alle tematiche ambientali e di sostenibilità. Le sue pratiche artistiche (che spaziavano con grande libertà dalla scultura al disegno, dall’installazione alla performance, includendo anche conferenze e incontri) vedranno un progressivo consolidamento della consapevolezza ecologica, sempre associata a una concezione di rigenerazione ambientale in senso più ampio. Vale a dire antropologico, essendo uomo e ambiente inscindibili e interdipendenti.

«In futuro si dovranno innalzare tende verdi su tutto il pianeta! Dovranno essere le incubatrici di una nuova società». Dichiarò la mattina del 28 settembre 1980, quando un grande tendone di color verde fece la sua comparsa nella Gustaf-Gründgens-Platz di Düsseldorf. Venne allestito da Beuys stesso insieme ai suoi collaboratori, quale punto di riferimento della prima campagna elettorale dei Grünen. Direttamente coinvolto nella fondazione del movimento tedesco dei Verdi, l’artista fu loro candidato al Parlamento europeo nel 1979 e, l’anno seguente, al Bundestag. Ma senza successo. Lo stesso manifesto elettorale Bei dieser Wahl: die Grünen, da lui ideato, non era piaciuto troppo agli attivisti: vi compariva un leprotto con di fronte un soldato giocattolo che gli puntava contro un fucile. L’artista di lì a poco si sarebbe comunque allontanato dalla scena politica, o meglio partitica, commentando la sua uscita di scena (o forse esclusione) con un provocatorio «I Verdi sono diventati pallosissimi!». In fin dei conti era lui stesso ad avere sempre sostenuto: «Non ho niente a che fare con la politica: conosco solo l’arte».

E diceva sul serio. Secondo il suo concetto ampliato di arte, motore del nostro essere e del nostro agire, è la politica stessa a farsi arte. Non del possibile, ma della liberazione di tutte le energie creative. E così, proprio in funzione di quella “scultura sociale” che diventerà vero e proprio nucleo della sua teoria, Beuys intensificherà le sue azioni in difesa della natura (in senso sia ecologista che antropologico), culminate nel grande progetto 7000 Eichen (7000 querce) del 1982, nella città di Kassel.

A tutela degli alberi l’artista aveva già iniziato a schierarsi dieci anni prima nel corso dell’azione Űberwindet endlich die Parteiendiktatur (Superate una volta per tutte la dittatura dei partiti). Per impedire l’abbattimento di una foresta a Düsseldorf, che avrebbe lasciato spazio a nuovi campi da tennis, Beuys e compagni spazzarono il bosco con enormi scope e tracciarono croci su ogni albero destinato alla morte. E aggiunse: «Se qualcuno tenterà di segare questi alberi, ci troverà appostati sulle loro chiome». Il successo fu immediato e molti cittadini si associarono alla protesta.

Nel 1971, con Aktion im Moor (Azione nella palude), l’artista prese invece posizione contro la distruzione dell’equilibrio idrogeologico in Olanda. Si immerse nello Zuiderzee, a Ostenda, una grande area paludosa vicino al mare destinata a essere bonificata. Dodici anni dopo, un’altra iniziativa ambientale lo vide impegnato nel progetto pilota dei campi di Altenwerder, nei pressi di Amburgo, ricoperti di fanghi altamente tossici provenienti dall’Elba e dal Mare del Nord. Sulla base di precise indagini scientifiche,

Beuys suggerì di piantumare la zona contaminata con arbusti che avrebbero trattenuto le sostanze tossiche, evitando così di inquinare la falda. L’iniziativa, pur sostenuta dalle autorità di Amburgo, venne però affossata. Con grande entusiasmo venne invece accolta la sua purtroppo ultima Aktion: la già citata 7000 Eichen. Il 19 giugno 1982, giorno dell’inaugurazione di documenta 7, Beuys piantò la prima quercia nella Friedrichspaltz di Kassel, e sempre lì, cinque anni dopo, avrebbe voluto piantare l’ultima delle settemila previste. Un progetto che intendeva coinvolgere l’intera città e i suoi abitanti e vedeva nell’arborizzazione degli spazi urbani una nuova forma di politica. A questa “azione-albero”, replicata anche in Italia a partire dal 1984 nella Piantagione Paradise tuttora attiva a Bolognano in Abruzzo, Beuys associava idee per lui fondamentali. Riteneva infatti che ai nostri tempi gli alberi sono molto più intelligenti delle persone. Insieme al vento, tra le loro chiome, si agita l’essenza dell’uomo sofferente. Gli alberi la percepiscono e soffrono essi stessi, in virtù di quella connessione indissolubile che esiste tra uomo e ambiente. Difendere la natura significa in ultima analisi difendere l’uomo.

Alla morte di Beuys, avvenuta il 23 gennaio 1986, nell’area comunale di Kassel si contavano cinquemilacinquecento piante (non solo querce, ma anche frassini, platani, aceri e castagni). All’apertura di documenta 8, il 12 giugno 1987, il figlio Wenzel pose nel terreno la settemillesima quercia in presenza di Eva Beuys, moglie dell’artista.

 

Se noi non abbiamo rispetto per l’autorità dell’albero, o per il genio, o per l’intelligenza dell’albero… l’albero deciderà di fare la sua telefonata agli animali, alle montagne, alle nuvole e ai fiumi, deciderà di parlare con le forze geologiche. Possiamo ancora decidere di allineare la nostra intelligenza a quella della natura.

Joseph Beuys

Biografia

Dopo una laurea in Conservazione dei beni culturali e un Master in Digital Humanities, si è occupata della catalogazione di importanti fondi librari, tra Firenze e Venezia.
Ha pubblicato articoli e saggi sull’editoria veneziana di fine Ottocento (tra cui Ferdinando Ongania editore a San Marco, Marsilio, 2008 e Ferdinando Ongania 1842-1911 editore in Venezia. Catalogo, Lineadacqua, 2011).
Ama nell’ordine: camminare in natura, leggere (soprattutto biografie), scribacchiare. Cura il blog MaryMcBooks.

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