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Andare a scuola da soli: un obiettivo di civiltà

“È esattamente questo, adesso lo capisco, ciò che succede verso quest’ora fuori dalle scuole elementari di tutto l’Occidente: i genitori mollano per un breve lasso di tempo la civiltà alla quale sono inchiodati tutto il giorno e si comportano come i figli, caoticamente, rischiando di farsi investire, di perdere il cane, di rigare la macchina nel tentativo di infilarla in un buco troppo piccolo, e il vigile urbano che dovrebbe richiamarli all’ordine non può farci nulla. Poi, però, basta l’effettiva uscita dei figli…”
Sono le righe con cui lo scrittore Sandro Veronesi descrive l’uscita dei bambini e delle bambine dalla scuola elementare, nel suo bellissimo romanzo Caos Calmo, dove i comportamenti di alunni, genitori,
automobili, insegnanti, passanti forniscono spunti commoventi e comici durante l’intero libro.
In realtà, in molti Paesi, bambini e bambine vanno a scuola da soli o, meglio, con amici e amiche. A piedi, in bicicletta, in monopattino, con i mezzi pubblici, senza essere accompagnati da genitori. Anche alle elementari.
Vivo a Friburgo, una città delle dimensioni di Padova, nel sudovest della Germania, la scuola elementare delle mie figlie era (è ancora lì) a poco meno di un chilometro e mezzo da casa. Laura, la mia figlia maggiore, ha iniziato ad andare a scuola con gli amici durante l’inverno della prima elementare. Certo, dopo essere esercitati per qualche settimana, il “grande giorno” l’ho seguita di nascosto e così ho fatto per i giorni successivi, ma ben presto è diventata una routine.
Come è possibile tutto questo? Quali segreti ci possono essere dietro un’usanza che in Italia comincia a essere rara anche nelle scuole medie, dove sono sempre di più i ragazzi accompagnati dai genitori (in auto) fino alla soglia della scuola, con i conseguenti problemi?
Nulla di particolare, se non una coerente e sistematica politica di mobilità urbana sostenibile, che mira soprattutto a rendere la strada un luogo sicuro ed attrattivo per persone a piedi e in bicicletta. Di
tale politica beneficiano soprattutto le persone più fragili: anziani, disabili e, appunto, bambini.
Supererebbe lo scopo di quest’articolo elencare le misure infrastrutturali ed organizzative su cui si basa questa strategia: possiamo però elencare alcune linee guida principali: riduzione della larghezza della carreggiata, marciapiedi larghi, limite dei 30, attraversamenti pedonali ben visibili e fatti rispettare, chicane artificiali e spartitraffico per ridurre la velocità, corsie ciclabili su strada e non in sede separata, parcheggi sicuri per le biciclette, spazi riservati ai pedoni nei pressi delle scuole.
Si potrebbe continuare. Non fanno parte di questo “pacchetto” due lodevoli misure (una dall’alto e una dal basso), abbastanza diffuse in Italia, soprattutto la seconda. Le strade (o aree) scolastiche, cioè quei tratti di strada presso le scuole chiusi al traffico veicolare durante l’entrata e l’uscita dei ragazzi, istituite in Italia dal “Decreto semplificazioni” del settembre 2020; infatti una strada sicura per tutti e la presenza di aree attrattive presso le scuole rendono questa misura (lodevole, ma non semplice da realizzare) poco necessaria. Lo stesso vale per i cosiddetti piedibus; le città italiane che li hanno realizzati hanno creato esperienze importanti, ma queste sono comunque legate alla presenza di volontari, genitori, nonni.
Gli effetti di una efficace mobilità sostenibile nei percorsi casa-scuola sono molteplici. Innanzitutto, si contribuisce con decisione alla riduzione dell’inquinamento atmosferico ed acustico, alla diminuzione delle congestioni di traffico e degli incidenti (con effetto di un circolo virtuoso
che rende le strade sempre più attrattive) ed alla lotta al cambiamento climatico. In secondo luogo, si dà la possibilità ai bambini di conoscere meglio la propria città, di acquisire indipendenza e sicurezza: è questo un aspetto sociale e pedagogico tanto importante quanto quello ambientale. Infine, si libera tempo ai genitori, che possono organizzare meglio i loro impegni e dedicare ai figli un tempo vero, in casa e all’aria aperta, senza la costrizione di dover fare il papà-taxi o la mamma-taxi.
Quest’ultimo aspetto contiene anche un aspetto di parità di genere, dal momento che è innegabile che la maggior parte di questi compiti sono (ancora) svolti soprattutto dalle madri.
Si tenga presente, inoltre, che quanto accade la mattina per il percorso casa-scuola, accade (o non accade) al pomeriggio per accompagnare (o non accompagnare) i bambini a nuoto, a lezione di piano, dagli amici.
Sarebbe bellissimo, quindi, ascoltare un amministratore, dichiarare all’inizio del proprio mandato che uno dei suoi obiettivi è quello di creare una città che permetta di andare a scuola in autonomia ad un sempre più grande numero di bambini.
Come accade, felicemente, in molti Paesi d’Europa.

Biografia

Modenese, da oltre vent’anni vive a Friburgo, una delle città più green in Europa.
Dal 2009 direttore di “aiforia – Agenzia per la Sostenibilità”, che collabora con enti pubblici italiani per progetti di mobilità sostenibile e propone visite studio a Friburgo Green City per scuole, amministrazioni locali, ricercatori, ordini.
Quando non lavora, gioca male a scacchi e legge bei libri.

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